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giovedì 12 marzo 2020

Luigia Chianese Books Review Blogger

Luigia Chianese
Ho Paura!

In guerra quasi senza armi,
una guerra mondiale contro un mostro creato da noi che si è rivoltato contro di noi.

Complotti? Scegliamo uno a caso: 
creare una guerra mondiale per poi poter ripartire, altrimenti dalla crisi non si esce.
Un nuovo ordine mondiale? Probabile! 

Troppo riduttivo, troppo semplice ma a volte è nella semplicità che si culla la verità.

Ma scegliete pure il complotto che desiderate, anche il caso va bene!

Eppure le pedine politiche sono tutte al loro posto:
Sovranisti, globalisti, dittatori, finti democratici. . . . tutte le pedine al loro posto, una grande partita a scacchi e noi siamo i pedoni. 
A chi daremo lo scacco matto?

Lo voglio sapere? Per ora No! 
Perché nessuno pagherà per questo! 

Ho paura!

L'unica cosa che mi risuona in testa è il numero delle vittime e morti quelli conosciuti, ma le sconosciute? 
Questo il prezzo! 
Le vite umane, come sempre nella storia!
La vita!

Ho paura! 

Non si vede perché sono una roccia ma nel silenzio di questa notte io ho paura!

Morirò anche io, un mio familiare? 
Non lo voglio sapere, non lo voglio sapere ora, preferisco morire io perché non la voglio vedere la morte di chi amo.

Ho paura! 

La speranza, la logica, la scienza, la fiducia, sono cose a cui mi aggrappo ma ci credo veramente? 

No, ho solo paura!

L'istinto mi dice di reagire e domani mattina lo farò ma per ora ho paura!

Combattere, questo mi grida il cervello, la carne, le ossa, il cuore, ogni fibra del mio essere, tutto in me tenta di controllare la paura ma non so ancora come e aspettare mi fa ancora più male!

Luigia Chianese
Books Review Blogger

11 marzo 2020 mercoledì 
(giorno dispari di un mese dispari) 
dichiarata la pandemia per 
Corona Virus - Covid 19

martedì 3 marzo 2020

Ho Chi Minh - Diario Dal Carcere - Traduzione di Joyce Lussu


Ho Chi Minh 
Diario Dal Carcere
Traduzione di Joyce Lussu

Recensione - Opinione di

Luigia Chianese Books Review Blogger

Blog Libri e Opinioni

@LibrieOpinioni

 

Mugnano di Napoli (Na)
16.01.2020

La cosa più banale che posso scrivere è che quest’ opera è triste e commovente! Secondo me necessito di anni di studio, ma veramente tanti, per poter capire fino in fondo questo testo e questo autore.
La prima volta che lo lessi, nella mia copia vintage della Garzanti da 600 lire, ovvero meno di 0.50 centesimi di oggi, frequentavo il liceo e già allora ero un’anticomunista convinta.
(Premetto che oltre al libro ho letto anche della vita politica di Zio Ho).
Questo personaggio, era diverso, mi azzardo a dire che era un comunista illuminato, intelligente e sensibile, ma anche un rivoluzionario, un uomo che puntava all’ Unità Nazionale, un demagogo per l'uso della parola, un realista, un patriota, una persona che sapeva coniugare bene il concetto di libertà individuale e comunismo.
(Per me, siamo chiari, uno stato comunista significa uno stato con mancanza di libertà;  è dittatura al pari del nazismo o del fascismo; riduttiva questa mia visione? Controllate i morti ed anche i vivi visto che ci siete!).
Questo libro non è il classico diario in versi all’occidentale, sono 115 quartine e poemetti Tang in stile cinese classico scritti nel periodo che va dal 28 agosto 1942 al 16 settembre 1943 durante il quale Ho fu prigioniero della polizia del Kouomintang nella Cina meridionale.
Da pagina 10 
(Edizione, oramai vintage, della Garzanti; marzo 1972 con l’ Introduzione di Harrison E. Salisbury ) 

… tanto è vero che il 02 settembre 1945 
iniziò con queste parole 
la Dichiarazione di Indipendenza della 
Repubblica Democratica del Vietnam:

<<Tutti gli uomini sono nati uguali: 
dotati dal loro creatore di alcuni diritti inalienabili 
tra cui la vita, la libertà e la ricerca della felicità. … >>.

Vi ricorda la Dichiarazione Americana d’ Indipendenza vero? 
Infatti da lì prese spunto; non a caso Ho citava spesso Abramo Lincoln e ammirava Woodrow Wilson e Franklin Delano Roosevelt.
Queste poesie all’apparenza semplici parlano di Vita, Dolore, Angoscia, Paura, Coraggio, Nostalgia, Forza di carattere ma soprattutto raccontano di Speranza e Libertà.
La sera
Il passero stanco
ritrova il suo nido nel bosco
una nube erra lenta
nel cielo solitario
una fanciulla macina il mais
al villaggio
sul focolare d’argilla
già s’accende una fiamma.

Sono poesie uniche e importanti tanto da diventare un “Inno alla Resistenza” per buona parte della generazione di quegli anni; ovvero quella generazione che scendeva in piazza per dire basta alla guerra in Vietnam e che manifestava per cambiare il mondo; questo testo è  diventato uno dei simboli del desiderio di libertà.

Lontano dalla lotta
Piuttosto morire
che viver servi!
Quando le libere bandiere
si spiegano
che gran dolore
stare in fondo
a una cella
senza potersi battere
in campo aperto!

Ci sono state persone che certamente meglio di me hanno saputo spiegare bene questo libretto, quindi riporto alcune citazioni di Harrison Salisbury (Giornalista del New York Times autore di reportage dal Vietnam del Nord e dalla Cina) e Joyce Lussu (vedi sotto per la vita):

<<Distinguono i suoi versi la fede e la serenità pur nelle condizioni terribili, la capacità di trarre coraggio da uno squarcio di cielo azzurro, dal volo sfrecciante di un uccello, dal profumo dei fiori nella sera, dalla vista dei monti lontani e delle scene di vita contadina. (Harrison Salisbury)>>.

<<Emerge da questi poemetti l'umanità eccezionalmente ricca e matura del grande rivoluzionario, sempre dialettica nella sua coerenza: utopico e realista, implacabile e generoso, duttile e intransigente, indulgente e severo, scettico ed entusiasta, capace di adattarsi alle circostanze come di adattare le circostanze a sé e ai suoi fini. Nella sua lunga vita di combattente, di animatore, di organizzatore, coronata da un'esemplare vittoria storica di un piccolo popolo di contadini contro gli eserciti più potenti del mondo, c'era posto per la poesia. E questo è importante. È una lezione da non dimenticare. (Joyce Lussu)>>.

<< Leggendo il Diario dal carcere si avverte la presenza di una personalità dura come l'acciaio e insieme sensibile. 
(Harrison Salisbury).>>.

Dopo queste citazioni non vi è altro da dire: deliziatevi con questi meravigliosi versi d’Amore per la libertà. L.Ch.
La Macina
Stretto dentro la macina
soffre il seme di riso
ma passata la prova
guardate com’è bianco!
Così è pure degli uomini
nel mondo in cui viviamo:
il dolore matura
la nostra umanità.

TRAMA
Diario Dal Carcere
Ho Chi Minh
Ripresa da internet e/o  dalla 4° di copertina:
Un classico ormai introvabile, il diario di Ho Chi Minh, grande capo rivoluzionario vietnamita, scritto durante la sua disumana prigionia. Poesie incredibilmente semplici e potenti, rese eterne dalla traduzione di Joyce Lussu. Edito in Italia per la prima volta alla vigilia dell'annus mirabilis 1968, il libro ebbe un'importanza fondamentale per quella generazione impegnata a voler cambiare il mondo e a fermare la guerra del Viet Nam. Con questi versi Ho Chi Minh scolpisce un canto alla resistenza, all'amore per la vita e la libertà.


Nota: La mia copia è quella vintage


CENNI SULLA VITA
di:
Ho Chi Minh
Ripresa da internet e/o dalla 4° di copertina:
Ho Chi Minh – (1890-1969). Rivoluzionario e uomo politico indocinese. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale organizzò la guerriglia contro i giapponesi e, nel 1941 fondò il Viet-minh (Lega indipendentista); nel 1945 divenne Presidente della Repubblica del Viet Nam e si batté contro il dominio francese in Indocina. Continuò fino alla morte la lotta di liberazione del popolo vietnamita. Saigon, dopo la conquista da parte dei vietcong, è stata chiamata Ho Chi Minh in suo onore.
Nacque il 19 maggio nel villaggio di Hoang Tru nella provincia di Nghe An, Viet Nam centro settentrionale. Gli venne dato il nome di Nguyn Sinh Cung. Come da tradizione vietnamita, all'età di dieci anni cambiò il nome e fu chiamato Nguyn Tt Thành ("Nguyn che sarà vittorioso"). Un nome del destino, Ho sconfisse sia il colonialismo francese che l’imperialismo americano. Così si rivolgeva a costoro « Potete uccidere dieci miei uomini per ognuno dei vostri che io uccido. Ma anche così, voi perderete e io vincerò. » Poi emigrato in Francia si fece chiamare Nguyen Ai Quoc (Nguyen il patriota). Dopo essersi fatto chiamare anche Ly Thuy. Nel 1938 in Cina prese il nome definitivo di Ho Chi Minh.

Non posso non citare due personaggi importanti:

Vo Nguyen Giap 
(1911-2013). Leggendario capo militare vietnamita, combatté prima l’esercito coloniale francese, vincendo, nel 1954, la battaglia di Dien Bien Phu, poi le forze statunitensi e sud vietnamite nella Guerra del Viet Nam. Dopo la riunificazione fu Ministro della difesa.

Joyce Lussu Salvadori 
(1912-1998). Partigiana, traduttrice, storica, letterata, attivista politica e poetessa. Testimone eccezionale dei maggiori eventi del Novecento, ha dedicato l’intensa sua vita alla lotta, unendo un instancabile lavoro d’azione ad una raffinata ricerca teorica e di traduzione dei maggiori poeti guerriglieri di tutto il mondo.


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venerdì 17 gennaio 2020

Sade – La Filosofia nel Boudoir

Sade 
La Filosofia nel Boudoir

(Donatien-Alphonse-François de Sade,
noto come il Marchese de Sade)

Recensione – Opinione
di

Mugnano di Napoli
03 novembre 2019

«Le atrocità, gli orrori, i crimini più abietti non devono meravigliarti, Eugénie: quel che c'è di più sconcio, di più infame e di più proibito dà alla testa che è un piacere... e ci fa sempre orgasmare nella maniera più deliziosa
  
E’ un libro scritto in forma di dialogo drammatico-filosofico e si scaglia principalmente contro la Monarchia, l’ Aristocrazia, e la Religione (Siamo nel 1795 a 3 anni dalla proclamazione della prima Repubblica dopo la Rivoluzione Francese.) e il palcoscenico di tutto ciò è il boudoir; ovvero la stanza da letto privata di una signora per bene.

Sembra un libro scritto da un maiale folle, questa sarebbe la conclusione più semplice e banale per una lettura “a prima sbirciata” ; un perverso essere che infetta un’innocente fanciulla; ma dietro a tutto ciò vi è qualcosa di più profondo e grande, vi è la libertà; questo è un autentico dramma socio politico. 
Quest' opera è l’ antimorale di de Sade, dove piega la vocazione pedagogica del dialogo filosofico al fine del libertinaggio e la sua dedica ne è una consapevolezza ...

«Voluttuosi di ogni età e sesso, dedico quest’opera a voi soli: nutritevi dei suoi principii, favoriranno le vostre passioni! E le passioni verso le quali certi freddi e piatti moralisti v’incutono terrore, sono in realtà gli unici mezzi che la natura mette a disposizione dell’uomo per raggiungere quanto essa si attende da lui. Obbedite soltanto a queste deliziose passioni! Vi condurranno senza dubbio alla felicità. Donne lascive, la voluttuosa Saint-Ange sia il vostro modello! Secondo il suo esempio, disprezzate tutto ciò che è contrario alle leggi divine del piacere che l’avvinsero tutta la vita. Fanciulle rimaste troppo a lungo legate ad assurdi e pericolosi vincoli d’una virtù fantasiosa e di una religione disgustante, imitate l’appassionata Eugénie! Distruggete, calpestate, e con la sua stessa rapidità, tutti i ridicoli precetti che vi hanno inculcato genitori imbecilli! E voi, amabili dissoluti, voi che fin dalla giovinezza avete come unici freni i vostri stessi desideri e come uniche leggi i vostri stessi capricci, prendete a modello il cinico Dolmancé! Spingetevi agli estremi come lui se, come lui, volete percorrere tutti i sentieri in fiore che la lascivia aprirà al vostro passaggio! Convincetevi, alla sua scuola, che solo ampliando la sfera dei piaceri e delle fantasie, solo sacrificando tutto alla voluttà, quell’infelice individuo conosciuto sotto il nome di uomo, scaraventato suo malgrado in questo triste universo, potrà riuscire a spargere qualche rosa tra le spine della vita.»

Questa non è pornografia, vizio, impudicizia, questa è lotta alla morale del tempo che vuole necessariamente, guidare, etichettare, tutto e tutti. Senza lasciare spazio all’ uomo e alle sue esigenze, alle leggi naturali; nel testo, sembrano mascherati ma vengono ben descritti, con minuzia e crudeltà, (sadismo) sia i piaceri del sesso che del corpo, ma anche molti precetti legati alla Rivoluzione e alla Nuova Repubblica.

E’ l’ altra faccia dell’ essere umano, il lato oscuro della luna che è in tutti noi; quella faccia irrazionale e selvaggia, che esiste in ogni essere vivente, che si scontra come un macigno contro quell'altra faccia, quella della logica e razionalità; è uno scontro tra titani ma il fine, secondo me, per il filosofo de Sade, è quello di far comprendere che nulla è veramente definito, recitabile, ma è tutto mutevole: nell’ animo, nel cuore, nel corpo e nello spirito, ed è solo l’ equilibrio/scelta delle parti che più generare un’esistenza felice e libera.  

“L’amore non lo si può considerare altro che l’effetto risultante 
dalle qualità di un bell’oggetto su di noi:
certi effetti ci trasportano, c’infiammano!
Se noi possediamo quell’oggetto, siamo contenti;
se non è possibile averlo, piombiamo nella disperazione.
Ma qual è la base di questo sentimento?… il desiderio.
Quali le conseguenze?… la follia.”

Nessuna delle due facce dell’ essere umano, come dicevo, potrà mai completamente prendere il sopravvento nell' esistenza umana, ma ciò che veramente l’ uomo può fare è Scegliere da che parte stare o Fondere le Parti; nessuna scelta è veramente sbagliata, questo, per me, è il messaggio del Marchese de Sade. 
L.Ch.

“Nessuna azione, per quanto singolare possiate supporla,
è veramente criminale;
e nessuna può realmente chiamarsi virtuosa.
Tutto è in rapporto ai nostri costumi e
all’ambiente in cui abitiamo.” 

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TRAMA
Sade – La Filosofia nel Boudoir

Ripresa da internet e/o  dalla 4° di copertina:
Più volte arrestato, processato e imprigionato, Sade persegue con tenacia la propria ricerca esistenziale. La sua filosofia dell'insurrezione permanente contro i limiti della condizione umana - per dissolvere le tenebre dell'ignoranza e dell'inconsapevolezza, per praticare il potere demiurgico della materia, della Natura, del singolo consapevole della sua unicità di materia pensante e desiderante - istituisce un potente reattivo a più dimensioni per chiunque vi si avvicini, sempre provocando reazioni emozionali e mentali, sempre comunque coinvolgendo in un confronto ravvicinato e conflittuale con il suo universo straordinariamente moderno.
Iniziare una quindicenne appena uscita dal convento ai piaceri e al crimine, conducendola di buon passo lungo la strada della depravazione, della blasfemia e della scelleratezza. È il piano messo a punto da tre libertini di lungo corso che attirano nel loro covo la giovane Eugénie per impartirle lezioni teoriche e pratiche di immoralità. Pubblicato anonimo nel 1795, il romanzo, subito violentemente osteggiato, piega la vocazione pedagogica del dialogo filosofico agli scopi del progetto libertino: nella reclusione del boudoir, i personaggi sadiani mettono in scena il rovesciamento della morale comune, in una tensione costante tra il passato che sovvertono e il nuovo ordine che aspirano a creare. Una tensione che si rispecchia nella sorte di Sade stesso, condannato alla galera dall'ancien régime e al manicomio dalla Rivoluzione, salutato ora come l'ultimo dei classici ora come il primo dei moderni.

Copertina flessibile: 233 pagine
Editore: Garzanti (30 settembre 2004)
Collana: I grandi libri
Lingua: Italiano

Prima pubblicazione1795
SceneggiaturaMarchese de Sade
GenereFilosofia e letteratura Erotica
AdattamentiPhilosophy in the Boudoir (1969)
Lingua originalefrancese


CENNI SULLA VITA
di:
(Donatien-Alphonse-François de Sade,
noto come il Marchese de Sade)
  
Ripresa da internet e/o dalla 4° di copertina:
Scrittore e libertino francese, Donatien-Alphonse-François de Sade, noto come il Marchese de Sade, è celebre per una serie di classici della letteratura erotica e per essere lo scrittore di alcuni saggi filosofici, quasi tutti scritti mentre si trovava in prigione. La sua opera e il suo pensiero lo hanno fatto considerare un esponente dell'ala estremista del libertinismo, nonché dell'Illuminismo più radicale e materialista. Il suo nome è all'origine del termine sadismo, atteggiamento che emerge dai suoi romanzi, incentrati sulla descrizione di comportamenti sessuali trasgressivi e perversi.
Durante la sua vita Sade venne accusato (con l'assenso della sua famiglia) di vari reati, come pratiche di violenza sessuale, sodomia, tentativi di avvelenamento e condotta immorale. Incarcerato per il reato di "libertinaggio" fu soprattutto la produzione di materiale pornografico, ovvero le sue opere letterarie, a metterlo nei guai. Fu perseguitato prima dal regime monarchico, poi, in quanto nobile, dalla Rivoluzione francese (a cui aveva aderito) e infine anche dal governo napoleonico. Fu rinchiuso alla Bastiglia (dove scrisse Le 120 giornate di sodoma) e per poco evitò la ghigliottina.
Passò la fine della sua vita in un manicomio, a Charenton, dove morì solo.
Per molto tempo dimenticato, è stato rivalutato e riscoperto solo nel XX secolo grazie ai surrealisti.

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sabato 25 maggio 2019

Giampaolo Pansa - La Repubblichina. Memorie di una ragazza fascista

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Giampaolo Pansa
La Repubblichina. 
Memorie di una Ragazza Fascista


Mugnano di Napoli (Na)
il martedì 08 gennaio 2019

Affrontare la recensione di un libro di G. Pansa non è cosa semplice. Si può scegliere la strada che tutti si aspettano ovvero affrontare il revisionismo di cui Panza è spesso  accusato  dagli esponenti di sinistra.  Se così vogliamo prenderla, brevemente, senza scrivere un trattato sulla storia e la politica, allora andiamo direttamente al Capitolo 20 intitolato – Il partigiano bianco; pagine 152/153 : <<Esiste una verità che oggi non si può ancora riconoscere ... e forse ci vorranno decenni prima che venga accertata o almeno considerata un’ipotesi con un solido fondamento. Ed è che in Italia si sono combattute due guerre civili ... una prima guerra aveva come obiettivo voi fascisti repubblicani e i tedeschi ... e sarà questa l’unica guerra che verrà esaltata sino a quando resisteranno le cerimonie del 25 aprile ... e la seconda guerra civile .. .. è stata condotta dal Pci per mettere in difficoltà i partigiani che non la pensavano come Togliatti e di riflesso chiunque rifiutava di sottomettersi alle strategie dei comunisti  dettate dall’ Unione Sovietica. Fu una tragedia con una lunga scia di morti ...>>. 
E che possiamo dire, nel 2019 sappiamo tutti benissimo che i comunisti da Togliatti a Tito, da Stalin ai dittatori comunisti nel mondo e alla Cina comunista hanno loro da soli commesso quasi più atrocità, nefandezze e vendette, del fascismo e al nazismo messi insieme.
E sapete perché? Per un motivo banalissimo che troviamo spiegato al Capitolo 13 – Il carnefice degli Ebrei; pagina 98: <<L’umanità ha sempre bisogno di un nemico...>>.
Penso che si possono avere tutte le ragioni e le verità del mondo, ma quando il vincitore, nel giusto o sbagliato che sia, scatena la propria vendetta infame, atroce e sanguinaria, sul vinto già martoriato, cancellando ogni forma di pietas umana, allora anche il vincitore ha perso. 
E Non vi è gloria in tale vittoria.
Come si capisce bene nel Capitolo 12 - Stupri in Ciociaria: possiamo facilmente intuire che: quando ad un errore si somma un altro errore inizia la barbarie e l’unico risultato reale è il disastro completo, il male assoluto e il disonore eterno. Ma la storia e quasi sempre scritta dai vincitori e i vincitori nascondono le verità scomode o le deridono per camuffarle;  vedi un esempio nel Capitolo 29 – Mele e cadaveri.
Moralmente parlando penso che sia tra i vinti che tra i vincitori vi sia una grande colpa: l’indifferenza dei molti; lo assaporiamo nel Capitolo 14 - Il sacrificio.  
Questo perché, come spiega bene l’ autore nel Capitolo 7 - Radio Londra; pagina 54: <<Tutti gli esseri umani hanno un lato oscuro della loro vita che non rivelano a nessuno>>. 
Nel Capitolo 17 – Guai ai vinti, per capirci,  ci viene mostrato un Togliatti che piega gli ideali, anche più nobili, alla sua sete di potere e di comando. 
Alla fine, però,  ciò che ci può far capire questo saggio, politicamente parlando, è ben espresso nel racconto del Capitolo 11 – Il Disertore: che ci fa intendere che trovarsi dalla parte giusta o sbagliata della storia dipende da una sola cosa: la propria coscienza.
Tocchiamo, però, un altro aspetto del saggio di Panza, ovvero l’ aspetto più leggero.
L’ autore nell’ introduzione, A chi legge:  si pone una domanda bella netta a pagina 6<<Sono riuscito a tenere insieme il vero, il verosimile e il romanzesco?... >>.  
Per quanto mi riguarda la risposta è sì!
Il vero: sono i fatti storici realmente accaduti. Dall’ armistizio, all’ arrivo degli Americani e poi degli Inglesi, alle Rapate/Tosature, le Marrocchinate, le Votazioni   etc. etc. ... 
Insomma i fatti storici così come li abbiamo dovuti studiare dalle elementari all’università.
Il verosimile: sono le sotto storie narrate nel racconto principale; dove realtà e fantasia si intrecciano a meraviglia. 
Come nel Capitolo 3 – Tante guerre: dove la protagonista, Tere, attraversa gli avvenimenti inseguendo solo il suo unico e grande sogno: fare la maestra. 
Oppure i Capitoli più divertenti: il 5° - Lo sciopero del letto e il 6° - Andare in bianco: dove ci ritroviamo immersi nello scontro frontale della ragione vs il corpo; il corpo inteso come fonte di piacere. 
Ci sono poi, tra i verosimili, i capitoli dolorosi; le storie di chiunque. 
Capitolo 10, intitolato, Ottobre del ’44 a Gorla:  in questo capitolo si notano come le decisioni difficili raggiungono proprio tutti.  
Oppure il Capitolo 16 – Morte e cattura: una storia che sarà capitata, con ogni probabilità, a qualcuno nella realtà. Dove la morte prematura è una reale possibilità e per chi rimane la vita continua a scorrere inesorabilmente. 
Ed ancora nel Capitolo 23 - Vincere non basta: che l’ autore ci mette di fronte all’ evidenza più nera; la povertà rende tutti uguali vinti e vincitori. 
Per finire la parte dedicata al verosimile, il Capitolo 28 – Diciotto aprile: dove anche l’amore si piega alla necessità.
La parte divertente, se così vogliamo presentarla, la troviamo, invece, nel terzo aspetto quello romanzesco.
Teresa Bianchini, detta Tere, maestra repubblichina, personaggio principale è inventato di sana pianta ma potrebbe essere la storia di una maestra qualsiasi di Casale Monferrato. 
La sua descrizione nel  Capitolo 1 – La rapatura e nel Capitolo 2 -  La mia infanzia: è essenziale e precisa, sia del corpo che del carattere, ed anche dei gusti sessuali ed, ovviamente, della sua posizione politica.
Pur essendo lei il personaggio principale tutte le altre donne della storia non saranno da meno iniziando dal Capitolo 4 – La zia Edwige: donna con le palle, con le sue sicurezze e le sue paure; una maestra alternativa, bisex e birbante, soprattutto“porcacciona” ma che a pagina 31 dice, alla nipote Tere, la cosa più indiscutibile del mondo:<<La fessura è roba tua e hai il diritto di farne ciò che vuoi>>. Questa verità sulla “fessura” sarà l’ arma di molte donne che hanno attraversato la guerra. 
Ad esempio nel Capitolo 26 – Irma la rossa: lei sarà la vera eroina del “sesso da guerra”. Sono da notare nel testo la quantità di omosessuali, di lesbiche e bisex presenti su tutti i fronti: Italiani e stranieri senza differenze di colore di pelle, colore politico, credo religioso o estrazione sociale; 
Un esempio su tutti è nel Capitolo 24 – Una città in calore: dove, se tutto ciò che si ha è il proprio corpo, lo si utilizza anche con immenso piacere. 
Oppure il Capitolo 21 – L’ immoralità: dove ciò che era giudicato immorale si trasforma in virtù all’esigenza. 
E per finire, ma non proprio, il Capitolo 19 – Lo strano squadrista: dove anche “le riabilitazioni” possono essere divertenti quando il sesso diventa il protagonista. 
Non possono mancare in questo saggio le storie d’amore; nel Capitolo 8 - Estate di bombe: L’ amore nasce in un rifugio antiaereo. 
O nel Capitolo 9 – Il medico paziente: che vede la vita e l’ amore nel corpo fresco di una giovane, qualcosa da succhiare per tenersi vivo. 
Da non dimenticare la storia d’ amore del Capitolo 15 – Il sergente dei marò: una storia che ci fa capire che l’amore in guerra è principalmente speranza. 
Ma i capitoli, secondo me, che si apprezzano  di più sono quelli dedicati a ciò che io chiamo “le rivincite”; Capitolo 18 – La pettinatrice spia: davanti alle verità scomode si diventa molto molto indulgenti! 
Capitolo 22 – Gli scolari della Baffalo: quando il detto prendi l’arte e mettila da parte diventa vero ed il vinto si trova a dovere insegnare al vincitore diventa una soddisfazione senza paragoni. 
Ed il Capitolo 25 – La signora Giuditta: La fortuna gira e a consegnarla è proprio una vittima alla “pseudo carnefice”. 
E si giunge al finale, che non è bello ma neppure brutto, e se devo essere sincera neppure scontato. 
Certo lascia l’amaro in bocca nel Capitolo 27  - Il rebus del dopoguerra: scoprire che davanti alla volontà di realizzare i propri sogni anche gli ideali cadono senza pudore. 
Nel capitolo ultimo, infatti, il 30 – Abbasso la Dc: l’ideale ritorna un po' ad affacciarsi ma come piccola forma di protesta attraverso il non votare; ma è tutto ovattato nella favola del ...  ciò che è bene finisce bene. 
L.Ch.

Giampaolo Pansa – La Repubblichina

Memorie di una Ragazza Fascista


TRAMA


Ripresa dalla 4° di copertina e da internet: "L'ho vista anch'io una rapatura delle donne fasciste, catturate nei giorni conclusivi della guerra civile. Era la fine di aprile del 1945 e andavo per i dieci anni. Oggi sono un vecchio signore curioso, ma già allora ero un ragazzino che si sentiva padrone della sua piccola città. Nell'attesa che riaprissero le scuole elementari, dove frequentavo la quinta poiché ero avanti di un anno, trascorrevo il tempo libero nella modisteria di mia madre Giovanna e nelle strade del centro. Conclusa la guerra e finiti i bombardamenti degli Alleati, non esistevano altri pericoli in città. 


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In questo modo mi sono trovato di fronte a vicende che non pensavo di scoprire. Una fu la tosatura delle prigioniere repubblichine, avvenuta non in piazza del Cavallo come racconto in questo libro, bensì in una piazza secondaria, davanti a una caserma in sfacelo, diventata un rifugio di senzatetto e di prostitute malandate. Tra le donne sottoposte a quel supplizio, una era molto giovane e bella. La sua figura è sempre rimasta nella mia memoria, tanto da ispirarmi il personaggio centrale di questo libro: Teresa Bianchi, detta Tere. Una maestra elementare sui vent'anni, tanto appassionata della propria missione da prendere la tessera del Partito fascista repubblicano pur di insegnare in una scuola della città. Di solito i miei libri sulla guerra civile e sul dopoguerra sporco di sangue non hanno per protagonisti dei fascisti repubblichini se non come vittime delle vendette partigiane. Un revisionismo a senso unico ha fatto sparire i tanti italiani, civili e militari, rimasti fedeli a Benito Mussolini. Eppure furono soprattutto loro a sopportare gli eventi più angosciosi dell'ultima fase della guerra nel nostro Paese. Come le stragi provocate dagli aerei da bombardamento americani, spesso imprecisi e affidati a piloti che volevano liberarsi del loro carico micidiale e ritornare al sicuro nelle basi di partenza. Oppure come l'inferno delle violenze compiute dai marocchini in Ciociaria, con migliaia di donne stuprate sotto lo sguardo indifferente dei generali francesi, primo fra tutti Charles De Gaulle. La mia Tere affronta con fermezza e coraggio il furore dell'ultimo atto della guerra mondiale in casa nostra e il caos del dopoguerra. Di certo è una repubblichina, ma soprattutto un'italiana con una qualità che ho ritrovato in tutte le donne incontrate nella mia vita: la pazienza generosa." La vicenda narrata in questo libro è immersa in una storia assai più grande: la guerra civile italiana tra il 1943 e il 1945, sino al capitolo sanguinoso della liberazione, un succedersi di vendette e di delitti. Ma "La repubblichina" è soprattutto un romanzo.


Prima edizione 11 settembre 2018; 
240 pagine; 
Genere: Saggi Storico Storia Politica
Cenni sulla vita di

Giampaolo Pansa

Grande copia ed incolla da Wikipedia:
Giampaolo Pansa  nato a Casale Monferrato, 1º ottobre 1935 
è un giornalista, scrittore e saggista italiano.
Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato con 110/110 e lode in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Torino con una tesi intitolata Guerra partigiana tra Genova e il Po (relatore Guido Quazza). Il lavoro gli procurò il «premio Einaudi» (la tesi fu poi pubblicata da Laterza nel 1967). Durante gli anni universitari, Pansa fu anche allievo di Alessandro Galante Garrone, professore ordinario di Storia Moderna e Contemporanea, il quale lo indirizzò per primo verso gli studi storici sulla  Seconda guerra mondiale e sulla Resistenza italiana. Dal matrimonio con Lidia, nel 1962  ha avuto un figlio, Alessandro, ex amministratore delegato di Finmeccanica, morto l'11 novembre 2017, all'età di 55 anni. La sua attuale compagna è Adele Grisendi, scrittrice. Nel 1961 entrò nel quotidiano torinese La Stampa. L'elenco delle sue collaborazioni è il seguente:
 Quotidiani
·         1961-1964: La Stampa (direttore Giulio De         Benedetti).  Uno dei suoi servizi più noti del periodo fu    sul disastro      del Vajont;
·         1964-1968: Il Giorno (direttore Italo Pietra), si occupò delle cronache dalla Lombardia;
·        1969-1972: La Stampa, inviato da Milano (direttore Alberto Ronchey). Scrisse per il quotidiano torinese        sulla strage di piazza Fontana;
·         1972-1973: Il Messaggero di Roma come redattore capo (direttore Alessandro Perrone);
·        1º lug o 1973 - ottobre 1977: inviato speciale per il Corriere della Sera (direttore Piero Ottone). Durante il     periodo al Corriere Pansa scrisse con Gaetano Scardocchial'inchiesta che contribuì a svelare lo scandalo          Lockheed;
·         novembre 1977-1991: La Repubblica, inviato speciale (direttore Eugenio Scalfari). Nell'ottobre 1978 assunse la     vicedirezione. Riprese a scrivere  per il quotidiano romano nel 2000 come editorialista;
Settimanali
     1983-1984: crea la rubrica «Quaderno italiano» su Epoca (direttore Sandro Mayer);
  1984-1987: crea la rubrica «Chi sale e chi scende» su L'Espresso (direttore Giovanni Valentini);
·  1987-1990: crea la rubrica «Bestiario» su Panorama, (editore Mondadori, direttore Claudio Rinaldi, Pansa fu    condirettore);
·  1991- settembre 2008: il «Bestiario» prosegue su L'Espresso (direttore Giulio Anselmi, poi Daniela Hamaui).
   Nella carriera di Pansa hanno avuto un ruolo preponderante i giornali del Gruppo L'Espresso (la Repubblica e L'Espresso), coi quali Pansa ha collaborato ininterrottamente dal 1977 al 2008. Negli anni della sua collaborazione alla Repubblica, Pansa fu tra i rappresentanti della linea editoriale vicina alla sinistra di opposizione, senza risparmiare critiche anche al Partito Comunista Italiano. Sono note inoltre alcune sarcastiche definizioni che Pansa ha dedicato a politici italiani: "Parolaio rosso" per Fausto Bertinotti, "Dalemoni" allusiva al cosiddetto "inciucio" tra Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi ai tempi della Bicamerale.  Pansa non fu tenero neanche con i colleghi giornalisti: nel 1980 scrisse su La Repubblica un articolo titolato «Il giornalista dimezzato», nel quale stigmatizzava il comportamento, da lui giudicato ipocrita, dei colleghi che, a suo dire, "cedeva[no] metà della propria professionalità al partito, all'ideologia che gli era cara e che voleva[no] comunque servire anche facendo il [proprio] mestiere". Il 30 settembre 2008, trovandosi in contrasto con la linea editoriale, lasciò il Gruppo Editoriale L'Espresso. Da allora ha scritto sui seguenti
Giornali
ottobre 2008 - dicembre 2010:  Il Riformista (direttore: Antonio Polito)
settembre 2009 - luglio 2016: Libero, dove nel gennaio 2011 ha portato il «Bestiario» (direttore: Maurizio Belpietro (2009-2016), Vittorio Feltri (2016-in carica)
settembre 2016 - giugno 2018: La Verità (quotidiano fondato e diretto da Belpietro)
novembre 2018 - oggi: Panorama (settimanale rilevato da Maurizio Belpietro).
Romanzi e saggi storici
La sua attività ha avuto come principale interesse la Resistenza italiana, già oggetto della sua tesi di laurea (pubblicata da Laterza nel 1967 con il titolo Guerra partigiana tra Genova e il Po). Nel 2001 Pansa pubblica Le notti dei fuochi, sulla guerra civile italiana combattuta tra il 1919 e il 1922, conclusa con la presa del potere da parte del fascismo. Nel 2002esce I figli dell'Aquila, racconto della storia di un soldato volontario dell'esercito della Repubblica sociale italiana. Comincia poi il ciclo «dei vinti», cioè una serie libri sulle violenze compiute da partigiani nei confronti di fascisti durante e dopo la seconda guerra mondiale: Il sangue dei vinti (vincitore del Premio Cimitile 2005),  Sconosciuto 1945,  La Grande Bugia e I vinti non dimenticano (2010). Pansa recupera fonti come Giorgio Pisanò e Antonio Serena e racconta molte storie personali di cosiddetti "vinti" con metodo già descritto da Nicola Gallerano e in una forma che è stata definita un misto fra romanzo storico, feuilleton e pamphlet per il gruppo delle sue sei opere principali sulla resistenza. Nel 2011 pubblica Poco o niente. Eravamo poveri. Torneremo poveri, in cui ritrae l'Italia degli umili tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX attraverso la storia dei propri nonni e genitori.
Le polemiche
In particolare per Il sangue dei vinti, Pansa è stato oggetto di critiche in quanto avrebbe "infangato" la Resistenza utilizzando, a detta dei detrattori, quasi esclusivamente fonti revisioniste di parte fascista accuse che Pansa ha sempre respinto con decisione, sostenendo di aver utilizzato fonti di diverso colore politico e di aver spesso descritto i crimini che certi esponenti fascisti avevano commesso ai danni dei partigiani prima di essere a loro volta uccisi. Durante la presentazione dei suoi libri in alcune occasioni Pansa è stato oggetto di contestazione da parte di centri sociali di estrema sinistra, nonché da storici, che accusano l'autore di revisionismo. In un caso ci sono stati tafferugli tra gruppi di sinistra e di destra, entrambi presenti all'evento. Tali episodi sono stati condannati dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e dal presidente del Senato Franco Marini. Vi è stato anche chi, come Galli della Loggia, ha giudicato positivamente il lavoro di Pansa, chiedendosi però come mai l'Italia si permetta di far luce sui crimini ignorati della sua storia solo quando sono gli intellettuali di sinistra a renderli noti al grande pubblico. Anche lo storico Sergio Luzzatto, dopo una iniziale perplessità su Il sangue dei vinti, che comportò da parte sua anche dure prese di posizione, dichiarò in seguito che nelle sue opere «nulla si inventa» e c'è «rispetto per la storia».Il libro successivo, La Grande Bugia, è dedicato proprio alle reazioni suscitate da Il sangue dei vinti. Anche quest'opera è stata oggetto di critiche. I gendarmi della memoria ha chiuso il trittico aperto da Il sangue dei vinti: è un atto di accusa contro quanti, a suo avviso, non accettano alcuna forma di ripensamento o di autocritica su quel periodo.

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