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martedì 19 marzo 2024

Anna Valente - Risveglio

Anna Valente
Risveglio
Recensione - Opinione di
 
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Mugnano di Napoli (Na) – 17 marzo 2024
 
Quel nastro rosso su un fondo nero, che troviamo in copertina, potrebbe già essere un indizio. Non è una scia di sangue ma una scia di vita e di luce, uno squarcio nel buio. “Risveglio” è un romanzo breve, appena 117 pagine, ma intenso, molto intenso e soprattutto toccante perché ricco di emozioni. Il lettore non può non provare empatia per tutto e tutti: Anna, Andrea e in particolare per Azzurra, la protagonista, e per ciò che lei esprime: per le sue ansie, le sue insicurezze, le sue paure, le sue incertezze, le sue angosce e il suo amore; tutte sensazioni, emozioni e percezioni che, nel racconto, emergono in crescendo catturando il lettore, immergendolo nel mondo interiore di Azzurra.
Una nota stonata nel libro vi è; l’editing; necessita di maggior cura, ma torniamo al contenuto!
La vita della protagonista viene percorsa in una specie di metaverso; una vita perennemente in bilico, sempre sospesa, perché Azzura sembra essere sempre in autoanalisi e in ricerca di risposte e di domande che possano chiarire la sua visione della vita, lei cerca di ritrovare se stessa, di ritornare se stessa. È come se Azzurra vivesse, contemporaneamente, fuori dal tempo ma anche nella realtà stessa, e come se lei, in questo viaggio, cercasse di trovare la sua dimensione più autentica, al di fuori di quella di madre e moglie; quella dimensione che dovrebbe farla ondeggiare, tranquilla, verso la felicità.
Si potrebbe dire che “Risveglio” è un percorso meraviglioso nell’amore per se stessi; un amore sincero e vivo, con basi solide e pronto a sfidare il tempo e le circostanze. Diventa facile condividere e immedesimarsi in tutte le emozioni, sensazioni e percezioni raccontate, ci si fonde empaticamente con Azzura e il finale, che non ho intenzione di spoilerare, ci lascia con gioia e con tante altre domande. 
Consiglio questa piacevole ed emozionante lettura! Luigia Chianese
 
Nella mia scala, da 1 a 5, gradimento libro, questo testo, merita un 2 e mezzo Libri. 📕📗📚🕮🕮
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sul libro "Risveglio" di Anna Valente
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Buona Visione
Link You Tube: 
https://youtu.be/JYrwhs-M5lM

TRAMA
"Risveglio" di Anna Valente
Ripresa da internet e/o dalla copertina:
Azzurra è una giovane donna alla perenne ricerca di sé stessa. Il suo legame con l’amica Anna, con cui si confida e confessa, e il profondo legame con Andrea, la porteranno a cercare le risposte a quelle domande che ha sempre cercato dalla vita e di quei “perché” a cui nessuno ha mai saputo darle risposta. Azzurra inizierà così un viaggio alla scoperta di sé. Il susseguirsi degli eventi la porteranno a scoprire un mondo dove le sembrerà che realtà e fantasia si intrecciano molto spesso. Risveglio è una storia dove i sentimenti vengono raccontati in tutte le loro forme: amicizia, famiglia, amore.

Sinossi inviatami dall’autrice Anna Valente:
Risveglio è un viaggio, è il racconto di una donna che ama a 360° tutto ciò che la circonda. Qualcosa in lei cerca delle domande alle tante risposte che ha, cosa può aiutare una persona a ritrovarsi? A ritrovare quella tessera del puzzle che manca se non un viaggio al centro di se stessi? A volte penso che dormiamo un po’ tutti, che difficilmente ci Risvegliamo veramente, che spesso la realtà non è brutta ma diversa da come la immaginavamo o la volevamo. Allora ci rifugiamo in un mondo dove non tutto è perfetto ma è imperfetto a modo nostro e a nostro modo potremmo trovare una soluzione.

Editore: ‎Atile edizioni
Prima Uscita Italia: 2 novembre 2022 - Lingua: ‎Italiano
Copertina flessibile: ‎117 pagine - Dimensioni: ‎ 14.8 x 0.69 x 21 cm
ISBN-13: ‎ 979-1280944399 - ASIN: ‎ B0BLGNMYW5
Generi - Etichette: Motivazionale Narrativa Romanzo Rosa
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CENNI SULLA VITA di:
Anna Valente
Inviatami dall’autrice:
Sono Anna Valente, nasco a Napoli nel 1969 nel mese di dicembre, mese che per l’altro adoro per la sua magia e non solo per il Natale per tutto il mistero che porta con sè. Sono sposata con Giorgio dal 1991. Ho due figli; Domenico detto Niko che ha 31 anni ed è un archeologo, Raffaela detta Faffy che ha 29 anni ed è un Design. Sono un amante dei gatti o meglio una gattara vera e propria, amo la solitudine come questi ultimi e soprattutto adoro leggere. Scrivo da molto tempo! Tre anni fa ho pubblicato il mio primo racconto “DORMIMONDO” che sarà ripubblicato in una nuova edizione a marzo del 2024; mentre nel novembre 2022 ho pubblicato “RISVEGLIO” , libro introspettivo che racconta di un viaggio che potrebbe capitare a chiunque di Noi. Da Napoletana adoro il mare che è il mio miglior amico e ispiratore, lo ascolto parlare attraverso il vento che mi riporta le emozioni del mondo che trasformo in righe nei miei libri.
 
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lunedì 26 giugno 2023

Monica Acito - Uvaspina

Monica Acito
Uvaspina

 
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Mugnano di Napoli (Na) – 22 aprile 2023
 
Una storia che ti ovatta. Quando inizi a leggere questo romanzo vuoi solo chiuderti nel tuo guscio sicuro e immergerti nel mondo di Uvaspina e della sua famiglia. Abbiamo tutto: l’odio, la rabbia, la paura, l’amore, le incomprensioni, i problemi e le frustrazioni, le gioie, i tormenti, i fallimenti e le rinascite. Un campionario variegato d’umanità che fa esplodere le proprie emozioni in ogni latitudine e ceto sociale in una Napoli che sa fare da sfondo a tutto.
Nel racconto abbiamo un’intera e un’autentica famiglia disfunzionale.
Carmine, il protagonista assoluto. Chiamato con il suo nome solo tre volte nel romanzo, ma per tutti è Uvaspina. - Nato con una voglia a forma di chicco d’uva ma pallida come la luna, sotto l’occhio sinistro; -  e come l’uvaspina viene spremuto e stritolato; è un ragazzo fragile che pensa di non meritare nulla dalla vita. da pagina 21:
<<D’altronde, il destino dell’uvaspina 
è lo stesso dalla morte dei tempi:
essere spremuta, schiacciata e pestata
per farci sciroppi che guariscono le malattie degli altri.>>.
Carmine Uvaspina è il classico femminiello napoletano che va oltre il concetto di
- ricchione – lui si sente altro gli insulti, le velate risate, le male parole, da pagina 52:
<<Aveva capito che i femminielli a Napoli 
erano creature strane e dolcissime
che sembravano venire da un etere fatto 
di sirene, vajasse e angeli piumati…
che erano divinità terrene: 
certo, divinità di una mitologia fatta di
 vasci, vicarielli e chiese sconsacrate, 
ma i cui corpi sapevano muoversi e cambiare…
erano pelle che stava stretta nella propria pelle 
e che per questo teneva ‘e ppalle di cambiare… >>.
La madre di Uvaspina, Grazia, Graziella Marino, detta la Spaiata, colei che piange ai funerali: uomo, donna o bambino che sia, piange a pagamento, come le antiche prèfiche. Grazia è e sarà fino alla fine una donna volgare e “chiagnazzara”, una vera mercenaria dei sentimenti, che finirà per elemosinare amore e attenzioni come un cane bastonato. È un personaggio grottesco che psicologicamente annienta se stessa a chi le sta intorno. Da pagina 233:
<< a lei piaceva ossessionare le persone
e far sentire la sua persistente malìa,
perché voleva avere padronanza
sui vivi e sui morti allo stesso modo.>>.
Filomena, detta Minuccia, sorella crudele di Uvaspina. Un anno e mezzo più piccola del fratello, - concepita dopo il funerale della mamma di Pasquale Riccio. - È un’autentica tiranna, malvagia e infame! Ed è a mio parere un personaggio originale per la sua posizione di sorella terribile, invidiosa e sadica. È, come dice il romanzo, uno “strummolo” ovvero una trottola di legno, che non si ferma mai; una trottola smaniosa con una punta in ferro che sa ferire pesantemente tutti, lei inclusa, ma non uccidere del tutto. Da pagina 22
<< Tutto in Minuccia era movimento e rotazione,
come un giocattolo di legno;>>.
Minuccia - lo strummolo - è un’infame, è un animale volgare e schifoso, è la classica vrenzola che si comporta e si esprime come uno dei personaggi violenti e ignoranti di Gomorra. In lei amore e odio sono le facce della stessa medaglia. È una bestia da frullare!
Pasquale Riccio, padre di Uvaspina e Minuccia; teme Minuccia e si vergogna di suo figlio, così vittima e debole, così - femminiello - Pasquale, durante il funerale del padre, si è fatto abbindolare dall’avvenenza e dal generoso petto scoperto, della Spaiata, ma ben presto quell’amore, nato sulla scia della passione e della bellezza, svanisce e da inizio al una sceneggiata perpetua, una – Babilonia -, da parte della Spaiata. Da pagina 70:
<< …perché gli uomini sanno essere cattivi  e punire le donne che 
si sposano con i loro musi lunghi, 
le vacanze rovinate, i bocconi sottratti 
e il cattivo sesso, quello fatto 
soltanto per svuotarsi le palle.>>.
Pasquale è un personaggio insulso, figlio di un importante notaio, ha solo ereditato nome e studio dal padre Lello, ma professionalmente e umanamente non vale niente. da pagina 14:
<< teneva ‘a cap pe sparter’e recchie.>>.
È un viscido rappresentante della Borghesia Partenopea dei mantenuti figli di papà uno che… Da pagina 128:
<< Latrina era, in mezzo a gente di latrina.>>.
Ultimo personaggio di rilievo è Antonio, unica persona non disfunzionale. È un pescatore con una particolarità fisica non da poco; ovvero ha gli occhi di colori diversi. Da pagina 109:
<< … uno era verde boscaglia, l’altro era marrone
come le pozzanghere di piazza Mercato.>>.
Ama leggere libri e non ha paura del sangue, e quei libri gli sono costati ma l’hanno salvato; da pagina 164:
<<…e mani spaccate che non c’avevano scuorno
del sangue e manco della merda.>>.
Sarà lui una guida sicura, l’amore, la rinascita, la ricaduta e la comprensione per Uvaspina. Antonio è ruvido e delicato allo stesso tempo, è magia agli occhi di Uvaspina, è desiderio ma è anche tormento; da pagine 169-170:
<< …Antonio gli aveva fatto una fattura, 
gli aveva messo la tarantola addosso
e non riusciva più a stare seduto in una stanza. 
…con lui diventava curioso, gli si aprivano tutti i pori,
era come un criaturo che scopriva lo spasso.>>.
Protagonista non umana, ma ricca di umanità, mutevole e variegata è Napoli. L’autrice ha succhiato dalle sue viscere una delle tante verità dell’esistere umano, e come sfondo privilegiato ci sono le “grotte di Palazzo Donn’Anna”; il tutto in un tempo indeterminato, quasi etereo.
Il tempo, infatti, è un elemento non fisso ma neppure mobile in questo romanzo, infatti non abbiamo un’epoca ben precisa in cui viene ambientato il racconto, possiamo affermare che è un tempo fluido. Richiami temporali se s’insiste su personaggi, tipo il calciatore Diego Armando Maradona, o luoghi in cui si “frullava” la gente ovvero l’ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi, il costante riferimento alle Lire, ci fanno intuire il periodo, ma in sostanza, in questo romanzo,
- la cronologia non esiste - e sono molte le licenze temporali assunte.
La lingua utilizzata è poetica, in molti punti, di pancia in altri. Quindi il ritmo è piacevolmente altalenante. Ritrovo un uso eccessivo del dialetto partenopeo che potrebbe creare problemi a chi non mastica tale linguaggio ed i suoi significati profondi che sanno andare oltre le parole dette o ascoltate. È un linguaggio ricco, ridondante ma non noioso che però lo si potrebbe definire “barocco”, eccessivo ma anche suggestivo e piacevole! ( io, che recensisco, sono Partenopea quindi un po' di parte lo sono, è un linguaggio familiare per me.).
Ciò che è potente nel racconto sono i sentimenti che rimbalzano ovunque: dagli scogli alle calette, dai vagoni dei treni di Portici, alle poltrone delle parrucchiere, alle scale, ovunque i sentimenti e le emozioni sono esasperati, sferzanti e decisi; le mezze misure non esistono in questo racconto.
Nel complesso è un discreto lavoro, innovativo e originale, un buon romanzo di narrativa psicologica nostrana che vale la pena leggere! Consigliato! Luigia Chianese
 
Nella mia scala, da 1 a 5, gradimento libro, questo testo, merita un 3 Libri. 
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NOTE:
Del frutto che ispira il suo soprannome Uvaspina ha la tenerezza e l’arte di farsi spremere per alleviare il dolore degli altri. Tutti lo calpestano con le parole e gli sguardi obliqui, tutti lo strizzano e lo stropicciano, fanno del suo corpo un terreno da violare. Uvaspina è la creatura fluida, l’identità poliforma che scivola dalle gabbie delle definizioni. È il queer napoletano, il ‘femminiello’, il diverso.

Nel suo romanzo d’esordio, Monica Acito racconta una storia che ha origine tra la lava e il mare, una storia magica d’amore e di folklore. Quell’amore ostinato, a volte impossibile e a volte letale, che è l’amore dei diversi.

TRAMA
Uvaspina
di Monica Acito
Ripresa da internet e/o dalla 4° di copertina:
È nato con una voglia sotto l’occhio sinistro, come un pallido frutto incastonato nella pelle: Uvaspina si è abituato presto a essere chiamato con quel nome che lo identifica con la sua macchia. A quasi tutto, del resto, è capace di abituarsi: a suo padre, il notaio Pasquale Riccio, che si vergogna di lui; alla Spaiata, sua madre, che dopo aver incastrato Pasquale Riccio con le sue arti di malafemmina e chiagnazzara non si dà pace di aver perduto il proprio fascino e finge di morire ogni volta che lui esce di casa. Ma soprattutto Uvaspina è abituato a sua sorella Minuccia, abitata fin da bambina da un’energia che tiene in scacco il fratello con le sue esplosioni imprevedibili, le ripicche, la ferocia di chi sa colpire nel punto di massima fragilità, come quando gli dice: “Avevano ragione i compagni tuoi, sei veramente un femminiello.” 
Eppure, solo Uvaspina conosce l’innesco che rende la sorella uno strummolo, una trottola capace di ferire con la sua punta di metallo vorticante. 
E solo Minuccia intuisce i sogni di Uvaspina, quando lo strummolo la tiene sveglia e può scrutare i suoi finissimi lineamenti nel sonno.
Intorno a loro, Napoli: la città dalle viscere ribollenti, dai quartieri protesi verso il cielo, dai tentacoli immersi in quel mare che la fronteggia e la penetra. È proprio sul confine tra la città e il mare, tra la storia e il mito, che Uvaspina incontra Antonio, il pescatore dagli occhi di colori diversi, che legge libri e non ha paura del sangue, che sa navigare fino a Procida e rimettere al mondo un criaturo che dubita di se stesso. La purezza del loro incontro, però, non potrà nascondersi a lungo nelle grotte di Palazzo Donn’Anna: la città li attira a sé, lo strummolo gira e il suo laccio unirà per sempre i loro destini. Una passione assediata dallo scherno e dallo scuorno. L’ambiguità dell’amore fraterno, la necessità dell’ombra perché ci sia luce. Infine una scrittura, quella della giovane Monica Acito, che sa inserirsi con originalità in una grande tradizione letteraria e, mescolando la forza tellurica del vernacolo alla freschezza di un racconto sulla giovinezza, invoca la fame di felicità che abita ciascuno di noi.
 

CENNI SULLA VITA di:
Monica Acito
Ripresa da internet e/o dalla 4° di copertina:
Monica Acito (1993) è cresciuta in Cilento, tra le gole del Calore e i templi di Paestum. Ha iniziato a scrivere da bambina e fin dall’adolescenza ha collaborato con testate cartacee e online. Dopo la maturità classica si è trasferita nel centro storico di Napoli, tra Forcella e Mezzocannone, e si è specializzata in Filologia moderna presso l’Università Federico II. Nel 2019 è approdata a Torino, dove ha frequentato la Scuola Holden. Nel 2021 ha vinto, tra gli altri, il Premio Calvino per la narrativa breve e i suoi racconti sono stati pubblicati su numerose riviste letterarie. È docente di discipline umanistiche presso la scuola secondaria di primo e secondo grado.

Editore: ‎Bompiani (22 febbraio 2023)
Lingua: ‎Italiano
Copertina flessibile: ‎416 pagine
ISBN-10: ‎8830109959
ISBN-13: ‎978-8830109957
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martedì 19 luglio 2022

Alberto Schiavone - Dolcissima Abitudine

ALBERTO SCHIAVONE
Dolcissima Abitudine

 
Mugnano di Napoli (Na) – 26 giugno 2022
 
La storia di questo romanzo è temporalmente scandita dalle vicende italiche del ‘900; se si vuole capire che aria tira in Italia, nella vita della protagonista, la puttana Piera Cavallero, in arte Rosa, basta leggere tra le righe.
L’autore, Alberto Schiavone, cita vari avvenimenti che non possono non saltare all’occhio: La legge Merlin (La legge 20 febbraio 1958, n. 75 sulla Prostituzione), l’orribile Strage di Piazza Fontana in Milano (12 dicembre 1969, nel centro di Milano presso la Banca Nazionale), il Massacro del Circeo (tra il 29 e il 30 settembre 1975), la legge Basaglia (La legge 180 del 1978, quella sui manicomi per capirci), la legge 194 del 1978 sull’Aborto, le migrazioni e la prostituzione delle Nigeriane, le sigarette di contrabbando, i trafficanti Albanesi, la droga dilagante tra i ricchi e meno ricchi, e poi il subentro delle prostitute dell’est Europa, la cancellazione del Delitto d’Onore nel 1981. Non manca di citare la morte, per mano della mafia, dei grandi magistrati Giovanni Falcone (23 maggio 1992) e Paolo Borsellino (19 luglio 1992), assolutamente indispensabile il riferimento alla discesa in campo politico dell’Imprenditore Silvio Berlusconi (1994) quindi Tangentopoli e il Pool di Mani Pulite (tra 1992 e 1994) e tanto altro. Uno spaccato della storia italiana.
Da pagina 182:
<< È l’esatto momento in cui in Italia
il sarcasmo e l’indignazione
entrano in gioco come strumento,
inutile, di lotta politica. >>.
Dal 1942 al 2006, anni delle vicende di Piera/Rosa, tra le cosce di questa donna, che trova una sua particolare emancipazione/liberazione, si può effettuare un volo pindarico su un’ordinaria brutta storia di una poverissima famiglia italiana che trova nella prostituzione un salvavita e Piera /Rosa diventerà il salvagente di se stessa.
Da pagina 182:
<< Il folclore addomestica la verità.
Una verità che ha il sapore del
sempre visto e del sempre praticato,
a tutte le latitudini. >>.
Piera Cavallero, in arte Rosa, a parte la bellezza, che maniacalmente curerà nel tempo fino a strafare, non ha avuto nulla dalla vita se non sfruttamento e dolore, iniziando dalla madre, figlia di prostituta e prostituta anch’ella, e cosa poteva fare se non insegnare “il mestiere” anche alla sua primogenita? Le insicurezze e le paure di Piera/Rosa si trasformeranno con il tempo in disprezzo verso gli altri, verso la sorella minore e verso la povertà, scatenando in lei l’accumulo compulsivo di beni e ricchezze e trasformando il suo lavoro di puttana, sana e discreta, in un’abitudine, un rifugio, una sicurezza economica ed emotiva.
Da pagina 215:
<< La sua abitudine al lavoro,
e la paura del vuoto senza,
la reggono e la logorano
allo stesso tempo. >>.
Vi è però qualcosa che non può avere e che non può fare, cambiare il passato, riavere e crescere suo figlio, può solo, spiare dal buco del mondo, che nel suo caso sarebbe la città di Torino, la vita del suo bambino che si fa uomo.
Tutta la storia di Piera/Rosa è narrata, da Alberto Schiavone, con un movimento leggero della penna, quasi come una foglia autunnale che plana lenta, molto lenta, sul terreno umido e fangoso di una vita autolimitata. La scrittura è chiara, semplice e dettagliata quanto basta, i protagonisti sono essenziali e la rombante e un po' grigia città di Torino è in sincrono con l’animo della protagonista.
Un discreto lavoro che ci accarezza dolcemente e che attraversa la vita anche di chi lo legge. L.Ch.
Nella mia scala, da 1 a 5, valutazione gradimento libri, questo testo merita un ottimo 3. 
📗📘📙🕮🕮
TRAMA
Dolcissima Abitudine
di Alberto Schiavone
Ripresa da internet e/o dalla 4° di copertina:
Torino, 2006. Piera, sessantaquattro anni, sta partecipando al funerale del suo ultimo cliente. Per gran parte della sua vita Piera Cavallero è stata Rosa, una prostituta. Ha avuto molto. Ha avuto niente. Ha avuto soldi, tanti, un piccolo impero economico insieme a una sua emancipazione personale. E ha avuto un figlio, che però non la conosce. Ma Rosa negli anni non ha mai perso di vista questo figlio. Gli è stata accanto passo dopo passo senza farglielo sapere. Ora, giunta a fine carriera, sente che è arrivato il momento di chiudere i conti con il passato. Un passato che ripercorriamo dai primi anni Cinquanta, quando nella Torino in espansione del dopoguerra Rosa inizia il mestiere in casa con la madre, che le ha trasmesso la professione appena adolescente. Seguiamo le sue vicende e la sua caparbia evoluzione. Gli uomini incontrati, le cadute, la solitudine rotta dai pochi amici e dai clienti che l’hanno accompagnata. La storia di Rosa, minuscola eppure incredibile, ispirata a figure e ambienti reali, si mischia con la storia del Novecento fino ad arrivare ai giorni nostri, insieme alla necessità spietata di trovare una difficile pace.
 
Editore: ‎ Guanda (10 gennaio 2019)
Lingua: ‎ Italiano
Copertina flessibile : ‎ 250 pagine - Dimensioni : ‎ 22.2 x 2.3 x 14.5 cm
ISBN-10: ‎8823517206   -   ISBN-13:‎ 978-8823517202
 
CENNI SULLA VITA di:
Alberto Schiavone
Ripresa da internet e/o dalla 4° di copertina:
Alberto Schiavone è nato a Torino nel 1980, vive e lavora a Milano. Ha pubblicato i romanzi La libreria dell’armadillo, Nessuna carezza e, presso Guanda, Ogni spazio felice (vincitore del Premio Fiesole Narrativa Under 40 e finalista al Premio Stresa).

La storia di Rosa, minuscola eppure incredibile, ispirata a figure e ambienti reali, si mischia con la storia del Novecento fino ad arrivare ai giorni nostri, insieme alla necessità spietata di trovare una difficile pace.

«Indagando profondità e minuzie con asciuttezza sabauda,  scandita da dialoghi credibili ed efficaci, Schiavone fa della sua protagonista Rosa, la figura al centro di uno specchio del secondo Novecento italiano» 
Leonetta Bentivoglio, Robinson
 
«Dolcissima abitudine ha la forza della storia vera, dell’ambientazione realistica in un’Italia che dagli anni Cinquanta alla metà dei Duemila attraversa la storia del Novecento» 
Cristina Taglietti
 
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martedì 19 aprile 2022

Richard Flanagan - Prima Persona

Richard Flanagan
Prima Persona
Recensione - Opinione di
 
Mugnano di Napoli (Na) – 10 - 04 - 2022
 
Potrebbe sembrare la storia di uno scrittore, che in questo caso è un ghostwriter, che cerca di sbarcare il lunario scrivendo la vera storia o meglio l’autobiografia di un eccellente criminale, intervistandolo, ma non è solo questo; è una storia nella storia, un incontro-scontro tra verità e menzogna, tra ciò che è reale e ciò che deve sembrare reale, tra ciò che è vero e ciò che deve diventare verosimile, è un autentico gioco di potere, è un ribaltamento psicologico tra due mondi, due stili di vita, dove non ha importanza la verità. Da pagina 21:
<< E io voglio che ci metta dentro 
tutto quello i lettori vorrebbero leggere 
su Siegfried Heild.>>.
La verità non ha mai avuto importanza per nessuno, non ha mai avuto uno scopo, la verità sarebbe stata quella proposta dal narratore di turno e, soprattutto, quella che “vorrebbero leggere” i lettori, sotto la logica di un adeguato profitto.
La verità, in questo libro, viene negata anche a se stessi, per conformismo, per volontà o semplicemente perché si ha paura di essa; ma il punto è chiedersi: - la verità è davvero così indispensabile? -. Da pagina 102:
<< Trovo sconcertante che tutti diano importanza alla verità.
Non capisco bene perché l’abbiano inventata,
se per sopravvivere abbiamo bisogno di fingere,
dire bugie bianche e indossare maschere.
Mi segui?>>.
Questo romanzo racconta la vita di una vita, un viaggio tra il mondo vissuto giorno per giorno per andare avanti e i mostri che si trascinano nel proprio io. E questi mostri, viventi o inconsci, si palesano anche quando non agiscono direttamente e si fanno sentire grattando, affamati, sotto la pelle di tutti anche a distanza di tempo e passando di persona in persona, superando il confine della morte. Da pagina 13:
<< La vita non è una cipolla da sbucciare
né un palinsesto da raschiare per riportare alla luce
chissà quale significato originario e più veritiero.
La vita è un’invenzione continua.>>.
La leggera comicità che, all’inizio, utilizza il protagonista Kiff Kehlman, giovane aspirante scrittore, con cui decide di narrare la storia di Siegfried Heidl, notissimo truffatore, è solo uno stratagemma ben preciso: serve per superare le difficoltà di una narrazione continuamente frenata, messa in dubbio, abilmente contorta e manipolata da parte dello stesso Heidl. Da pagina 144:
<< Pensare? Molta gente è fatta dalle opinioni altrui, Kif.
E finché io gliene davo, erano tutti felici e contenti.>>.
Alla fine, però, il ghostwriter cede e costruisce un doppio personaggio quello di Heidl e se stesso; o meglio è Heidl che, con la propria morte, riesce a ricostruire Kiff; quasi in un perverso gioco di ruoli non dichiarato. Da pagina 158:
<< Da Heidl stavo imparando
il potere della suggestione invece che della spiegazione;
dell’evasività invece che della rivelazione;
del concedere a malapena un dato di realtà
 – o meglio, la chiacchiera su un dato della realtà –
per lasciare che fosse il lettore a immaginare
tutto ciò che lo attorniava.>>.
Il fine di Heidl, è di divertirsi, di giocare, di fantasticare e di godere dei sui inganni al prossimo, fino in fondo. Il suo reale intento, per vincere la paura del futuro, secondo me, è di lasciare un marchio a fuoco nelle persone, una cicatrice invisibile e dolorosa, che lo facesse vivere ancora, ancora e ancora, nella memoria di chi lui ha scelto di tenersi accanto e di sentirsi, al contempo, libero di decidere dove, come e quando porre fine al gioco anche per gli altri.
Quello dello scrittore, Kiff Kehlman, invece, è di emergere come autore, ma, inevitabilmente, si trasformerà in ben altro e si ritroverà cambiato e trasformato. È questo il passaggio più accattivante e, secondo il mio parere, il senso di tutto il libro: -  la metamorfosi di un autore attraverso l’illusione della verità. -. Consiglio questa lettura. L.Ch.
Il mio voto, nella mia scala libri, da 1 a 5, è un bel 3. 📘📗📕🕮🕮

Prima Persona
di Richard Flanagan
Ripresa da internet e/o dalla 4° di copertina:
Siegfried Heidl è il più celebre truffatore d'Australia. Alla vigilia del processo che segnerà il suo destino una grande casa editrice decide di pubblicare la sua autobiografia, commissionandola a un “ghostwriter”. L'incarico viene affidato a Kiff Kehlman, giovane aspirante scrittore con famiglia a carico e ambizioni al momento frustrate dalla realtà. Kiff, che accetta a malincuore, spinto dalla necessità, ha sei settimane di tempo per comporre il ritratto di un uomo che forse non è mai esistito, che è per sua stessa natura un'illusione, un falso, un inganno. Dopo una settimana di domande imprecise e risposte evasive, Kiff decide che l'unico modo per raccontare Ziggy Heidl è riscriverlo, fino a smarrire il confine tra ciò che è reale e ciò che non lo è. Ispirato a un episodio della vita di Flanagan, un romanzo comico e raggelante che parla con lucidità del confine sempre più labile tra vero e falso nel nostro mondo.
 
Editore:Bompiani (5 settembre 2018)
Lingua:Italiano
Traduttore: Alessandro Mari
Titolo originale: ''First Person'' (2017)
Prima Pubblicazione: 02 ottobre 2017
Copertina flessibile: ‎430 pagine
ISBN-10: ‎ 884529644X - ISBN-13: ‎ 978-8845296444
Dimensioni: ‎ 15 x 2.74 x 21 cm
 
CENNI SULLA VITA di:
Richard Flanagan
Ripresa da internet e/o dalla 4° di copertina:
Richard Flanagan (1961) è nato e cresciuto in Tasmania, dove vive con la moglie e i tre figli. È Scrittore, Sceneggiatore e regista Australiano. Abbandonata la scuola in giovane età, ritorna in seguito a studiare e si laurea all'università della Tasmania con un  Bachelor’s Degree nel 1983. In seguito frequenta un Master in storia ad Oxford, al Worcester College, e, prima di dedicarsi alla scrittura, svolge i lavori più disparati, dalla guida fluviale (tema del suo esordio nella narrativa) all'imbianchino. Comincia il suo apprendistato (come esso stesso ama definirlo) nella saggistica trattando temi storico-politici della sua nazione e biografie come quella del noto truffatore australiano John Friedrich. In seguito, a partire dal 1994, esordisce come narratore con - Morte di una guida fluviale - il cui protagonista, Aljaz Cosini, nell'attimo del suo annegamento rivive la propria storia e quella dei suoi antenati al quale fa seguito una serie di acclamati romanzi che spingono alcuni critici a definirlo il più talentuoso romanziere della sua generazione. È autore di sei romanzi tra i quali - La vita sommersa di Gould -, basato sulla storia d'amore tra l'artista William Buelow Gould e una giovane donna di colore, che si è aggiudicato il Commonwealth Writers’ Prize nel 2002, La donna sbagliata dà voce alle ansie dell'Occidente post 11 settembre, mentre  - Solo per desiderio - verte sulle storie parallele dello scrittore Charles Dickens e dell'aborigena Mathinna.  - La strada stretta verso il profondo Nord -, ambientato durante la seconda guerra mondiale presso i campi di prigionia giapponesi e la Burma Railway, è in trentotto paesi, gli è valso il Man Booker Prize 2014.
 
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