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Giampaolo Pansa
La Repubblichina.
Memorie di una Ragazza Fascista
Mugnano di
Napoli (Na)
il martedì 08 gennaio 2019
Affrontare la recensione di un libro di
G. Pansa non è cosa semplice. Si può scegliere la strada che tutti si
aspettano ovvero affrontare il revisionismo di cui Panza è
spesso accusato dagli esponenti di
sinistra. Se così vogliamo prenderla, brevemente, senza scrivere un
trattato sulla storia e la politica, allora andiamo direttamente al Capitolo 20
intitolato – Il partigiano bianco; pagine 152/153 : <<Esiste una
verità che oggi non si può ancora riconoscere ... e forse ci vorranno decenni
prima che venga accertata o almeno considerata un’ipotesi con un solido
fondamento. Ed è che in Italia si sono combattute due guerre civili ...
una prima guerra aveva come obiettivo voi fascisti repubblicani e i tedeschi
... e sarà questa l’unica guerra che verrà esaltata sino a quando resisteranno
le cerimonie del 25 aprile ... e la seconda guerra civile .. .. è stata
condotta dal Pci per mettere in difficoltà i partigiani che non la pensavano
come Togliatti e di riflesso chiunque rifiutava di sottomettersi alle strategie
dei comunisti dettate dall’ Unione Sovietica. Fu una tragedia con
una lunga scia di morti ...>>.
E che possiamo dire, nel 2019 sappiamo tutti benissimo che i comunisti da Togliatti a Tito, da Stalin ai dittatori comunisti nel mondo e alla Cina comunista hanno loro da soli commesso quasi più atrocità, nefandezze e vendette, del fascismo e al nazismo messi insieme.
E sapete perché? Per un motivo banalissimo che troviamo spiegato al Capitolo 13 – Il carnefice degli Ebrei; pagina 98: <<L’umanità ha sempre bisogno di un nemico...>>.
Penso che si possono avere tutte le ragioni e le verità del mondo, ma quando il vincitore, nel giusto o sbagliato che sia, scatena la propria vendetta infame, atroce e sanguinaria, sul vinto già martoriato, cancellando ogni forma di pietas umana, allora anche il vincitore ha perso.
E Non vi è gloria in tale vittoria.
Come si capisce bene nel Capitolo 12 - Stupri in Ciociaria: possiamo facilmente intuire che: quando ad un errore si somma un altro errore inizia la barbarie e l’unico risultato reale è il disastro completo, il male assoluto e il disonore eterno. Ma la storia e quasi sempre scritta dai vincitori e i vincitori nascondono le verità scomode o le deridono per camuffarle; vedi un esempio nel Capitolo 29 – Mele e cadaveri.
Moralmente parlando penso che sia tra i vinti che tra i vincitori vi sia una grande colpa: l’indifferenza dei molti; lo assaporiamo nel Capitolo 14 - Il sacrificio.
Questo perché, come spiega bene l’ autore nel Capitolo 7 - Radio Londra; pagina 54: <<Tutti gli esseri umani hanno un lato oscuro della loro vita che non rivelano a nessuno>>.
Nel Capitolo 17 – Guai ai vinti, per capirci, ci viene mostrato un Togliatti che piega gli ideali, anche più nobili, alla sua sete di potere e di comando.
Alla fine, però, ciò che ci può far capire questo saggio, politicamente parlando, è ben espresso nel racconto del Capitolo 11 – Il Disertore: che ci fa intendere che trovarsi dalla parte giusta o sbagliata della storia dipende da una sola cosa: la propria coscienza.
Tocchiamo, però, un altro aspetto del saggio di Panza, ovvero l’ aspetto più leggero.
L’ autore nell’ introduzione, A chi legge: si pone una domanda bella netta a pagina 6: <<Sono riuscito a tenere insieme il vero, il verosimile e il romanzesco?... >>.
Per quanto mi riguarda la risposta è sì!
Il vero: sono i fatti storici realmente accaduti. Dall’ armistizio, all’ arrivo degli Americani e poi degli Inglesi, alle Rapate/Tosature, le Marrocchinate, le Votazioni etc. etc. ...
Insomma i fatti storici così come li abbiamo dovuti studiare dalle elementari all’università.
Il verosimile: sono le sotto storie narrate nel racconto principale; dove realtà e fantasia si intrecciano a meraviglia.
Come nel Capitolo 3 – Tante guerre: dove la protagonista, Tere, attraversa gli avvenimenti inseguendo solo il suo unico e grande sogno: fare la maestra.
Oppure i Capitoli più divertenti: il 5° - Lo sciopero del letto e il 6° - Andare in bianco: dove ci ritroviamo immersi nello scontro frontale della ragione vs il corpo; il corpo inteso come fonte di piacere.
Ci sono poi, tra i verosimili, i capitoli dolorosi; le storie di chiunque.
Capitolo 10, intitolato, Ottobre del ’44 a Gorla: in questo capitolo si notano come le decisioni difficili raggiungono proprio tutti.
Oppure il Capitolo 16 – Morte e cattura: una storia che sarà capitata, con ogni probabilità, a qualcuno nella realtà. Dove la morte prematura è una reale possibilità e per chi rimane la vita continua a scorrere inesorabilmente.
Ed ancora nel Capitolo 23 - Vincere non basta: che l’ autore ci mette di fronte all’ evidenza più nera; la povertà rende tutti uguali vinti e vincitori.
Per finire la parte dedicata al verosimile, il Capitolo 28 – Diciotto aprile: dove anche l’amore si piega alla necessità.
La parte divertente, se così vogliamo presentarla, la troviamo, invece, nel terzo aspetto quello romanzesco.
Teresa Bianchini, detta Tere, maestra repubblichina, personaggio principale è inventato di sana pianta ma potrebbe essere la storia di una maestra qualsiasi di Casale Monferrato.
La sua descrizione nel Capitolo 1 – La rapatura e nel Capitolo 2 - La mia infanzia: è essenziale e precisa, sia del corpo che del carattere, ed anche dei gusti sessuali ed, ovviamente, della sua posizione politica.
Pur essendo lei il personaggio principale tutte le altre donne della storia non saranno da meno iniziando dal Capitolo 4 – La zia Edwige: donna con le palle, con le sue sicurezze e le sue paure; una maestra alternativa, bisex e birbante, soprattutto“porcacciona” ma che a pagina 31 dice, alla nipote Tere, la cosa più indiscutibile del mondo:<<La fessura è roba tua e hai il diritto di farne ciò che vuoi>>. Questa verità sulla “fessura” sarà l’ arma di molte donne che hanno attraversato la guerra.
Ad esempio nel Capitolo 26 – Irma la rossa: lei sarà la vera eroina del “sesso da guerra”. Sono da notare nel testo la quantità di omosessuali, di lesbiche e bisex presenti su tutti i fronti: Italiani e stranieri senza differenze di colore di pelle, colore politico, credo religioso o estrazione sociale;
Un esempio su tutti è nel Capitolo 24 – Una città in calore: dove, se tutto ciò che si ha è il proprio corpo, lo si utilizza anche con immenso piacere.
Oppure il Capitolo 21 – L’ immoralità: dove ciò che era giudicato immorale si trasforma in virtù all’esigenza.
E per finire, ma non proprio, il Capitolo 19 – Lo strano squadrista: dove anche “le riabilitazioni” possono essere divertenti quando il sesso diventa il protagonista.
Non possono mancare in questo saggio le storie d’amore; nel Capitolo 8 - Estate di bombe: L’ amore nasce in un rifugio antiaereo.
O nel Capitolo 9 – Il medico paziente: che vede la vita e l’ amore nel corpo fresco di una giovane, qualcosa da succhiare per tenersi vivo.
Da non dimenticare la storia d’ amore del Capitolo 15 – Il sergente dei marò: una storia che ci fa capire che l’amore in guerra è principalmente speranza.
Ma i capitoli, secondo me, che si apprezzano di più sono quelli dedicati a ciò che io chiamo “le rivincite”; Capitolo 18 – La pettinatrice spia: davanti alle verità scomode si diventa molto molto indulgenti!
Capitolo 22 – Gli scolari della Baffalo: quando il detto prendi l’arte e mettila da parte diventa vero ed il vinto si trova a dovere insegnare al vincitore diventa una soddisfazione senza paragoni.
Ed il Capitolo 25 – La signora Giuditta: La fortuna gira e a consegnarla è proprio una vittima alla “pseudo carnefice”.
E si giunge al finale, che non è bello ma neppure brutto, e se devo essere sincera neppure scontato.
Certo lascia l’amaro in bocca nel Capitolo 27 - Il rebus del dopoguerra: scoprire che davanti alla volontà di realizzare i propri sogni anche gli ideali cadono senza pudore.
Nel capitolo ultimo, infatti, il 30 – Abbasso la Dc: l’ideale ritorna un po' ad affacciarsi ma come piccola forma di protesta attraverso il non votare; ma è tutto ovattato nella favola del ... ciò che è bene finisce bene.
E che possiamo dire, nel 2019 sappiamo tutti benissimo che i comunisti da Togliatti a Tito, da Stalin ai dittatori comunisti nel mondo e alla Cina comunista hanno loro da soli commesso quasi più atrocità, nefandezze e vendette, del fascismo e al nazismo messi insieme.
E sapete perché? Per un motivo banalissimo che troviamo spiegato al Capitolo 13 – Il carnefice degli Ebrei; pagina 98: <<L’umanità ha sempre bisogno di un nemico...>>.
Penso che si possono avere tutte le ragioni e le verità del mondo, ma quando il vincitore, nel giusto o sbagliato che sia, scatena la propria vendetta infame, atroce e sanguinaria, sul vinto già martoriato, cancellando ogni forma di pietas umana, allora anche il vincitore ha perso.
E Non vi è gloria in tale vittoria.
Come si capisce bene nel Capitolo 12 - Stupri in Ciociaria: possiamo facilmente intuire che: quando ad un errore si somma un altro errore inizia la barbarie e l’unico risultato reale è il disastro completo, il male assoluto e il disonore eterno. Ma la storia e quasi sempre scritta dai vincitori e i vincitori nascondono le verità scomode o le deridono per camuffarle; vedi un esempio nel Capitolo 29 – Mele e cadaveri.
Moralmente parlando penso che sia tra i vinti che tra i vincitori vi sia una grande colpa: l’indifferenza dei molti; lo assaporiamo nel Capitolo 14 - Il sacrificio.
Questo perché, come spiega bene l’ autore nel Capitolo 7 - Radio Londra; pagina 54: <<Tutti gli esseri umani hanno un lato oscuro della loro vita che non rivelano a nessuno>>.
Nel Capitolo 17 – Guai ai vinti, per capirci, ci viene mostrato un Togliatti che piega gli ideali, anche più nobili, alla sua sete di potere e di comando.
Alla fine, però, ciò che ci può far capire questo saggio, politicamente parlando, è ben espresso nel racconto del Capitolo 11 – Il Disertore: che ci fa intendere che trovarsi dalla parte giusta o sbagliata della storia dipende da una sola cosa: la propria coscienza.
Tocchiamo, però, un altro aspetto del saggio di Panza, ovvero l’ aspetto più leggero.
L’ autore nell’ introduzione, A chi legge: si pone una domanda bella netta a pagina 6: <<Sono riuscito a tenere insieme il vero, il verosimile e il romanzesco?... >>.
Per quanto mi riguarda la risposta è sì!
Il vero: sono i fatti storici realmente accaduti. Dall’ armistizio, all’ arrivo degli Americani e poi degli Inglesi, alle Rapate/Tosature, le Marrocchinate, le Votazioni etc. etc. ...
Insomma i fatti storici così come li abbiamo dovuti studiare dalle elementari all’università.
Il verosimile: sono le sotto storie narrate nel racconto principale; dove realtà e fantasia si intrecciano a meraviglia.
Come nel Capitolo 3 – Tante guerre: dove la protagonista, Tere, attraversa gli avvenimenti inseguendo solo il suo unico e grande sogno: fare la maestra.
Oppure i Capitoli più divertenti: il 5° - Lo sciopero del letto e il 6° - Andare in bianco: dove ci ritroviamo immersi nello scontro frontale della ragione vs il corpo; il corpo inteso come fonte di piacere.
Ci sono poi, tra i verosimili, i capitoli dolorosi; le storie di chiunque.
Capitolo 10, intitolato, Ottobre del ’44 a Gorla: in questo capitolo si notano come le decisioni difficili raggiungono proprio tutti.
Oppure il Capitolo 16 – Morte e cattura: una storia che sarà capitata, con ogni probabilità, a qualcuno nella realtà. Dove la morte prematura è una reale possibilità e per chi rimane la vita continua a scorrere inesorabilmente.
Ed ancora nel Capitolo 23 - Vincere non basta: che l’ autore ci mette di fronte all’ evidenza più nera; la povertà rende tutti uguali vinti e vincitori.
Per finire la parte dedicata al verosimile, il Capitolo 28 – Diciotto aprile: dove anche l’amore si piega alla necessità.
La parte divertente, se così vogliamo presentarla, la troviamo, invece, nel terzo aspetto quello romanzesco.
Teresa Bianchini, detta Tere, maestra repubblichina, personaggio principale è inventato di sana pianta ma potrebbe essere la storia di una maestra qualsiasi di Casale Monferrato.
La sua descrizione nel Capitolo 1 – La rapatura e nel Capitolo 2 - La mia infanzia: è essenziale e precisa, sia del corpo che del carattere, ed anche dei gusti sessuali ed, ovviamente, della sua posizione politica.
Pur essendo lei il personaggio principale tutte le altre donne della storia non saranno da meno iniziando dal Capitolo 4 – La zia Edwige: donna con le palle, con le sue sicurezze e le sue paure; una maestra alternativa, bisex e birbante, soprattutto“porcacciona” ma che a pagina 31 dice, alla nipote Tere, la cosa più indiscutibile del mondo:<<La fessura è roba tua e hai il diritto di farne ciò che vuoi>>. Questa verità sulla “fessura” sarà l’ arma di molte donne che hanno attraversato la guerra.
Ad esempio nel Capitolo 26 – Irma la rossa: lei sarà la vera eroina del “sesso da guerra”. Sono da notare nel testo la quantità di omosessuali, di lesbiche e bisex presenti su tutti i fronti: Italiani e stranieri senza differenze di colore di pelle, colore politico, credo religioso o estrazione sociale;
Un esempio su tutti è nel Capitolo 24 – Una città in calore: dove, se tutto ciò che si ha è il proprio corpo, lo si utilizza anche con immenso piacere.
Oppure il Capitolo 21 – L’ immoralità: dove ciò che era giudicato immorale si trasforma in virtù all’esigenza.
E per finire, ma non proprio, il Capitolo 19 – Lo strano squadrista: dove anche “le riabilitazioni” possono essere divertenti quando il sesso diventa il protagonista.
Non possono mancare in questo saggio le storie d’amore; nel Capitolo 8 - Estate di bombe: L’ amore nasce in un rifugio antiaereo.
O nel Capitolo 9 – Il medico paziente: che vede la vita e l’ amore nel corpo fresco di una giovane, qualcosa da succhiare per tenersi vivo.
Da non dimenticare la storia d’ amore del Capitolo 15 – Il sergente dei marò: una storia che ci fa capire che l’amore in guerra è principalmente speranza.
Ma i capitoli, secondo me, che si apprezzano di più sono quelli dedicati a ciò che io chiamo “le rivincite”; Capitolo 18 – La pettinatrice spia: davanti alle verità scomode si diventa molto molto indulgenti!
Capitolo 22 – Gli scolari della Baffalo: quando il detto prendi l’arte e mettila da parte diventa vero ed il vinto si trova a dovere insegnare al vincitore diventa una soddisfazione senza paragoni.
Ed il Capitolo 25 – La signora Giuditta: La fortuna gira e a consegnarla è proprio una vittima alla “pseudo carnefice”.
E si giunge al finale, che non è bello ma neppure brutto, e se devo essere sincera neppure scontato.
Certo lascia l’amaro in bocca nel Capitolo 27 - Il rebus del dopoguerra: scoprire che davanti alla volontà di realizzare i propri sogni anche gli ideali cadono senza pudore.
Nel capitolo ultimo, infatti, il 30 – Abbasso la Dc: l’ideale ritorna un po' ad affacciarsi ma come piccola forma di protesta attraverso il non votare; ma è tutto ovattato nella favola del ... ciò che è bene finisce bene.
L.Ch.
Giampaolo Pansa – La
Repubblichina
Memorie di una Ragazza Fascista
Memorie di una Ragazza Fascista
TRAMA
Ripresa dalla 4° di
copertina e da internet: "L'ho vista
anch'io una rapatura delle donne fasciste, catturate nei giorni conclusivi
della guerra civile. Era la fine di aprile del 1945 e andavo per i dieci anni.
Oggi sono un vecchio signore curioso, ma già allora ero un ragazzino che si
sentiva padrone della sua piccola città. Nell'attesa che riaprissero le scuole
elementari, dove frequentavo la quinta poiché ero avanti di un anno,
trascorrevo il tempo libero nella modisteria di mia madre Giovanna e nelle
strade del centro. Conclusa la guerra e finiti i bombardamenti degli Alleati,
non esistevano altri pericoli in città.
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Cenni sulla vita di
Giampaolo Pansa
Nella
carriera di Pansa hanno avuto un ruolo
preponderante i giornali del Gruppo L'Espresso (la
Repubblica e L'Espresso), coi quali Pansa ha collaborato
ininterrottamente dal 1977 al 2008. Negli anni della sua collaborazione
alla Repubblica, Pansa fu tra i rappresentanti della linea editoriale
vicina alla sinistra di opposizione, senza risparmiare critiche anche
al Partito Comunista Italiano. Sono note inoltre alcune sarcastiche
definizioni che Pansa ha dedicato a politici italiani: "Parolaio
rosso" per Fausto Bertinotti, "Dalemoni" allusiva al
cosiddetto "inciucio" tra Massimo D'Alema e Silvio
Berlusconi ai tempi della Bicamerale. Pansa non fu tenero neanche
con i colleghi giornalisti: nel 1980 scrisse su La Repubblica un
articolo titolato «Il giornalista dimezzato», nel quale stigmatizzava il
comportamento, da lui giudicato ipocrita, dei colleghi che, a suo dire,
"cedeva[no] metà della propria professionalità al partito, all'ideologia
che gli era cara e che voleva[no] comunque servire anche facendo il [proprio]
mestiere". Il 30 settembre 2008, trovandosi in contrasto con la linea
editoriale, lasciò il Gruppo Editoriale L'Espresso. Da allora ha scritto
sui seguenti
Giampaolo Pansa
Grande
copia ed incolla da Wikipedia:
Giampaolo Pansa nato a Casale Monferrato, 1º
ottobre 1935
è
un giornalista, scrittore e saggista italiano.
Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato con
110/110 e lode in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi
di Torino con una tesi intitolata Guerra partigiana tra Genova e il
Po (relatore Guido Quazza). Il lavoro gli procurò il «premio
Einaudi» (la tesi fu poi pubblicata da Laterza nel 1967).
Durante gli anni universitari, Pansa fu anche allievo di Alessandro
Galante Garrone, professore ordinario di Storia Moderna e Contemporanea, il
quale lo indirizzò per primo verso gli studi storici sulla Seconda
guerra mondiale e sulla Resistenza italiana. Dal matrimonio con
Lidia, nel 1962 ha avuto un figlio, Alessandro,
ex amministratore delegato di Finmeccanica, morto l'11
novembre 2017, all'età di 55 anni. La sua attuale compagna è Adele
Grisendi, scrittrice. Nel 1961 entrò nel quotidiano torinese La Stampa.
L'elenco delle sue collaborazioni è il seguente:
Quotidiani
· 1961-1964: La
Stampa (direttore Giulio De
Benedetti). Uno dei suoi servizi più noti del periodo fu
sul disastro del Vajont;
· 1964-1968: Il
Giorno (direttore Italo Pietra), si occupò delle cronache dalla
Lombardia;
·
1969-1972: La Stampa,
inviato da Milano (direttore Alberto Ronchey). Scrisse per il
quotidiano torinese sulla strage di piazza
Fontana;
· 1972-1973: Il Messaggero di Roma
come redattore capo (direttore Alessandro Perrone);
·
1º lug o 1973 - ottobre
1977: inviato speciale per il Corriere della
Sera (direttore Piero Ottone). Durante il periodo
al Corriere Pansa scrisse con Gaetano Scardocchial'inchiesta che
contribuì a svelare lo scandalo
Lockheed;
· novembre 1977-1991: La
Repubblica, inviato speciale (direttore Eugenio Scalfari).
Nell'ottobre 1978 assunse la vicedirezione. Riprese a
scrivere per il quotidiano romano nel 2000 come editorialista;
Settimanali
|
1983-1984: crea la rubrica «Quaderno
italiano» su Epoca (direttore Sandro
Mayer);
1984-1987: crea la rubrica «Chi sale e chi
scende» su L'Espresso (direttore Giovanni Valentini);
· 1987-1990: crea la rubrica «Bestiario»
su Panorama, (editore Mondadori, direttore Claudio Rinaldi,
Pansa fu condirettore);
· 1991- settembre 2008: il «Bestiario»
prosegue su L'Espresso (direttore Giulio Anselmi,
poi Daniela Hamaui).
Giornali
ottobre 2008 - dicembre 2010: Il
Riformista (direttore: Antonio Polito)
settembre 2009 - luglio 2016: Libero, dove nel gennaio 2011 ha
portato il «Bestiario» (direttore: Maurizio
Belpietro (2009-2016), Vittorio Feltri (2016-in carica)
settembre 2016 - giugno 2018: La Verità (quotidiano fondato e
diretto da Belpietro)
novembre 2018 - oggi: Panorama (settimanale rilevato da
Maurizio Belpietro).
Romanzi e
saggi storici
La sua attività ha avuto come principale interesse la Resistenza
italiana, già oggetto della sua tesi di laurea (pubblicata da Laterza
nel 1967 con il titolo Guerra partigiana tra Genova e il Po). Nel 2001 Pansa
pubblica Le notti dei fuochi, sulla guerra civile italiana combattuta tra
il 1919 e il 1922, conclusa con la presa del potere da parte del fascismo.
Nel 2002esce I figli dell'Aquila, racconto della storia di un soldato
volontario dell'esercito della Repubblica sociale italiana. Comincia poi
il ciclo «dei vinti», cioè una serie libri sulle violenze compiute da
partigiani nei confronti di fascisti durante e dopo la seconda guerra
mondiale: Il sangue dei vinti (vincitore del Premio
Cimitile 2005), Sconosciuto 1945, La Grande
Bugia e I vinti non dimenticano (2010). Pansa recupera fonti
come Giorgio Pisanò e Antonio Serena e racconta molte
storie personali di cosiddetti "vinti" con metodo già descritto
da Nicola Gallerano e in una forma che è stata definita un
misto fra romanzo storico, feuilleton e pamphlet per
il gruppo delle sue sei opere principali sulla resistenza. Nel 2011
pubblica Poco o niente. Eravamo poveri. Torneremo poveri, in cui ritrae
l'Italia degli umili tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX attraverso la
storia dei propri nonni e genitori.
Le
polemiche
In particolare per Il sangue dei vinti, Pansa è stato oggetto di
critiche in quanto avrebbe "infangato"
la Resistenza utilizzando, a detta dei detrattori, quasi
esclusivamente fonti revisioniste di parte fascista accuse che Pansa ha
sempre respinto con decisione, sostenendo di aver utilizzato fonti di diverso
colore politico e di aver spesso descritto i crimini che certi esponenti
fascisti avevano commesso ai danni dei partigiani prima di essere a loro volta
uccisi. Durante la presentazione dei suoi libri in alcune occasioni Pansa è
stato oggetto di contestazione da parte di centri
sociali di estrema sinistra, nonché da storici, che accusano
l'autore di revisionismo. In un caso ci sono stati tafferugli tra gruppi
di sinistra e di destra, entrambi presenti all'evento. Tali episodi sono stati
condannati dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e
dal presidente del Senato Franco Marini. Vi è stato anche chi,
come Galli della Loggia, ha giudicato positivamente il lavoro di Pansa,
chiedendosi però come mai l'Italia si permetta di far luce sui crimini ignorati
della sua storia solo quando sono gli intellettuali di sinistra a renderli noti
al grande pubblico. Anche lo storico Sergio Luzzatto, dopo una iniziale
perplessità su Il sangue dei vinti, che comportò da parte sua anche dure
prese di posizione, dichiarò in seguito che nelle sue opere «nulla si inventa»
e c'è «rispetto per la storia».Il libro successivo, La Grande Bugia, è
dedicato proprio alle reazioni suscitate da Il sangue dei vinti. Anche
quest'opera è stata oggetto di critiche. I gendarmi della memoria ha
chiuso il trittico aperto da Il sangue dei vinti: è un atto di accusa
contro quanti, a suo avviso, non accettano alcuna forma di ripensamento o di
autocritica su quel periodo.
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Per favore, non siate troppo duri con me! Soprattutto siate rispettosi educati e civili! Grazie!