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Mugnano di Napoli (Na) - 27.09.2021
Mugnano di Napoli celebra Le Quattro Giornate di Napoli.
Questo piccolo paesino di provincia con poco più di 35200 abitanti, cerca sempre di non mancare agli “Appuntamenti con la Memoria”.
Una buona organizzazione che è iniziata alla presenza delle personalità civili e militari e con la partecipazione di alcuni Alunni del vicino Liceo Segrè.
Quest’anno, nei limiti delle disposizioni per il Covid, si è tenuto presso il Teatro Comunale di Mugnano di Napoli, il 27 settembre 2021, ore 18.00, un’incontro-evento organizzato dalla ProLoco Mugnano di Napoli di cui è Presidente Ciro Clemente (nella foto) con il Relatore e Presentatore Vittorio Calabrese, per parlare delle Quattro Giornate di Napoli.
Le Quattro Giornate
di Napoli
furono un episodio storico d’ insurrezione popolare
avvenuto nel corso della Seconda Guerra Mondiale,
tra il 27 e il 30 settembre 1943.
Nel corso
dell'insurrezione i civili,
con l'apporto di
militari fedeli al Regno Del Sud,
riuscirono a liberare la città di Napoli
dall'occupazione delle forze della Wehrmacht,
aiutate da gruppi di fascisti locali.
Tutto è iniziato con la visione di immagini riguardanti i bombardamenti che la città di Napoli subì durante la Seconda Guerra Mondiale; i disastri, le razzie ed i morti. Immagini forti che hanno toccato la memoria di tutti.
Tutti in piedi,
poi, per ascoltare il Canto degli Italiani, l’Inno Nazionale o Inno di Mameli
cantato, meravigliosamente, dalla Soprano Carmen Liccardo che ci ha
deliziato, con la sua delicata voce, anche con la canzone “il Monastero di
Santa Chiara”.
Ci sono stati, a seguire, due momenti fuori programma:
Va ricordato, secondo me, che Napoli non è stata solo la prima città d’Italia e d’Europa e liberarsi, e a liberarsi da sola, dall’oppressione Nazi-Fascista ma ha fatto ciò attraverso un’ organizzazione spontanea, un movimento Popolare che dal basso, ha raccolto tutti i ceti sociali, unendoli per il fine comune; la Libertà! Gli avvenimenti di queste giornate valsero alla Città di Napoli, quindi al suo intero popolo, il conferimento della Medaglia d’ Oro al Valor Militare! L.Ch.
L'avvenimento, che valse alla città il
conferimento della Medaglia d’ Oro al Valor Militare, consentì alle Forze
Alleate di trovare al loro arrivo, il 1º ottobre 1943 , una
città già libera dall'occupazione tedesca, grazie al coraggio e all'eroismo dei
suoi abitanti ormai esasperati e allo stremo per i lunghi anni di guerra.
Napoli fu la prima, tra le grandi città europee, a insorgere, e con successo,
contro l'occupazione tedesca.
Con l'avanzata degli Alleati nell'Italia
meridionale, gli esponenti dell'antifascismo partenopeo (tra
cui Fausto Nicolini e Adolfo Omodeo), iniziarono a stabilire più
stretti contatti con i comandi Alleati richiedendo la liberazione della città.
A partire dall'8 settembre 1943,
giorno dell'entrata in vigore dell'Armistizio di Cassibile con la
lettura alla radio da parte del Maresciallo d'Italia Pietro
Badoglio del suo famoso "proclama", le forze armate italiane,
come in tutto il paese, a causa della mancanza di ordini dei comandi militari
si trovarono allo sbando anche a Napoli.
In città la situazione, già difficile per i bombardamenti subiti e per lo squilibrio delle forze in campo (oltre 20 000 tedeschi a fronte di soli 5 000 italiani, in tutta la Campania), ben presto divenne caotica per la diserzione di molti alti ufficiali, incapaci di assumere iniziative se non addirittura conniventi con i tedeschi, cui seguì lo sbando delle truppe, incapaci a loro volta di difendere la popolazione civile dalle angherie tedesche.
In particolare ci fu la fuga, in abiti
borghesi, dei generali Riccardo Pentimalli ed Ettore
Deltetto, cui era affidata la responsabilità militare della provincia di
Napoli. Gli ultimi atti di Ettore Deltetto furono proprio la consegna della
città all'esercito tedesco e la stesura di un manifesto che, vietando gli
assembramenti, autorizzava i militi a sparare sulla folla in caso di
inadempienza.
Sporadici ma cruenti tentativi di
resistenza si ebbero tuttavia alla Caserma Zanzur, alla
Caserma dei Carabinieri Pastrengo e al 21º Centro di
Avvistamento di Castel dell'Ovo.
12 settembre 1943 il colonnello Walter Scholl, assunto il comando delle
forze armate occupanti in città, proclamò il coprifuoco e dichiarò lo stato
d'assedio con l'ordine di passare per le armi tutti coloro che si fossero resi
responsabili di azioni ostili alle truppe tedesche, in ragione di cento
napoletani per ogni tedesco eventualmente ucciso.
Seguì altro proclama, apparso sui muri della città, la mattina di lunedì 13 settembre:
1. Con provvedimento immediato ho assunto da oggi il Comando assoluto con
pieni poteri della città di Napoli e dintorni.
2. Ogni singolo cittadino che si comporta calmo e disciplinato avrà la mia
protezione. Chiunque però agisca apertamente o subdolamente contro le forze
armate germaniche sarà passato per le armi. Inoltre il luogo del fatto e i
dintorni immediati del nascondiglio dell'autore verranno distrutti e ridotti a
rovine. Ogni soldato germanico ferito o trucidato verrà rivendicato cento
volte.
3. Ordino il coprifuoco dalle ore 20 alle ore 6. Solo in caso di allarme si
potrà fare uso della strada per recarsi al ricovero vicino.
4. Esiste lo stato d'assedio.
5. Entro 24 ore dovranno essere consegnate tutte le armi e munizioni di
qualsiasi genere, ivi compresi i fucili da caccia, le granate a mano, ecc.
Chiunque, trascorso tale termine, verrà trovato in possesso di un'arma, verrà
immediatamente passato per le armi. La consegna delle armi e munizioni si
effettuerà alle ronde militari germaniche.
6. Cittadini mantenetevi calmi e siate ragionevoli. Questi ordini e le già
eseguite rappresaglie si rendono necessarie perché un gran numero di soldati e
ufficiali germanici che non facevano altro che adempiere ai propri doveri
furono vilmente assassinati o gravemente feriti, anzi in alcuni casi i feriti
anche vilipesi e maltrattati in modo indegno da parte di un popolo civile.
Napoli, 12 settembre 1943 firmato Scholl Colonnello»
Dopo la fucilazione di 7 militari italiani (4 marinai, 1 soldato, 1
sergente maggiore, 1 aviere) avvenuta in via Cesario Console , gli spari
di un carro armato contro gli studenti che stavano iniziando a riunirsi nella
vicina Università e contro alcuni marinai e finanzieri italiani in Piazza
Bovio, davanti al palazzo della Borsa, sempre il 12 vi fu un episodio che
scosse particolarmente il sentimento popolare: sulle scale della sede centrale
dell' Università avvenne l'esecuzione di un ignoto marinaio, alla quale
migliaia di cittadini, tra cui ci fu il poi giornalista Antonio Ghirelli,
furono costretti ad assistere dalle truppe tedesche che a forza li condussero
sul Rettifilo, la strada antistante il luogo della fucilazione.
( Lapide all'ingresso del Palazzo della Borsa che ricorda l'uccisione di quattro marinai e finanzieri, il 12 settembre 1943, da parte di soldati tedeschi)
500 persone, lo stesso giorno furono inoltre condotte con la forza a Teverola,
nel Casertano, e costrette ad assistere alla fucilazione di 14 carabinieri,
"rei" di aver impedito il tentativo dei guastatori tedeschi di sabotare
gli impianti del palazzo dei Telefoni e poi di aver resistito con le armi agli
assalti di rappresaglia nella loro caserma in via Marchese Campodisola, a pochi
passi da piazza Bovio, prima di arrendersi all'occupante tedesco per aver
esaurito le munizioni. A loro memoria è posta una lapide su un palazzo della
stessa strada.
Si cominciò a pensare all'approvvigionamento delle armi: il 22 settembre
gli abitanti del Vomero riuscirono a impadronirsi di quelle che erano
appartenute ai soldati della 107ª Batteria; il 25 settembre 250 moschetti
furono prelevati da una scuola militare; il 27 settembre caddero nelle mani
degli insorti alcuni depositi di armi e munizioni.
Il 23 settembre intanto, una nuova misura repressiva adottata dal
colonnello Walter Scholl prevedeva lo sgombero (entro le ore 20 dello stesso
giorno) di tutta la fascia costiera cittadina sino a una distanza di 300 metri
dal mare; in pratica circa 240 000 cittadini furono costretti ad abbandonare in
poche ore le proprie case per consentire la creazione di una "zona
militare di sicurezza" che sembrava preludere alla distruzione del porto.
Quasi contemporaneamente, un manifesto del prefetto intimava la chiamata al
servizio di lavoro obbligatorio di tutti i maschi di età compresa fra i
diciotto e i trentatré anni, in pratica una deportazione forzata nei campi di
lavoro in Germania.
Il risultato sperato dai tedeschi non fu però ottenuto e alla chiamata
risposero soltanto 150 napoletani sui previsti 30000, il che determinò Walter
Scholl a decidere di inviare ronde militari per la città per i rastrellamenti e
la fucilazione immediata degli inadempienti. Fu affisso in città un nuovo proclama
del Comando Militare Germanico.
<<Al decreto per il servizio obbligatorio di
lavoro hanno risposto in quattro sezioni della città complessivamente circa 150
persone, mentre secondo lo stato civile avrebbero dovuto presentarsi oltre
30.000 persone. Da ciò risulta il sabotaggio che viene praticato contro gli ordini delle Forze
Armate Germaniche e del Ministero degli Interni Italiano.
Incominciando da domani, per mezzo di ronde militari, farò fermare gli
inadempienti. Coloro che non presentandosi sono contravvenuti agli ordini
pubblicati, saranno dalle ronde senza indugio fucilati. Il Comandante di Napoli, Scholl>>
L'insurrezione popolare fu allora inevitabile, i cittadini furono chiamati a scegliere tra la sopravvivenza e la morte o la deportazione forzata in Germania e ormai, spontaneamente in ogni punto della città, persone di entrambi i sessi, di ogni ceto sociale e di ogni occupazione, andavano riversandosi nelle strade per organizzarsi e imbracciare le armi. Si unirono a loro anche moltissimi dei soldati italiani che solo pochi giorni prima si erano dovuti dare alla macchia. Già dal 26 settembre una folla disarmata e urlante (a maggioranza femminile) si scatenò contro i rastrellamenti tedeschi, liberando i giovani destinati alla deportazione.
Il 1º ottobre alle 9:30 i primi carri
armati Alleati entrarono in città, mentre alla fine della stessa giornata, il
comando tedesco in Italia, per bocca del feldmaresciallo Albert
Kesselring, considerò conclusa la ritirata con successo.
Il bilancio degli scontri durante le
"quattro giornate" non è concorde nelle cifre; secondo alcuni autori,
nelle settantasei ore di combattimenti, morirono 168 militari e partigiani e
159 cittadini; secondo la Commissione ministeriale per il riconoscimento
partigiano le vittime furono 155 ma dai registri del Cimitero di
Poggioreale risulterebbero 562 morti.
È da notare che la gran parte dei
combattimenti si ebbero esclusivamente tra italiani e tedeschi. A differenza di
altri episodi della Resistenza furono infatti relativamente rari gli scontri
con fascisti italiani, che probabilmente non avevano avuto il tempo di
riorganizzarsi efficacemente dopo l'8 settembre (ricordiamo infatti che
la Repubblica Sociale Italiana fu proclamata il 23 settembre, ovvero
solo quattro giorni prima dello scoppio della rivolta).
Parimenti fu evitato che il piano di
deportazione di massa organizzato dal colonnello Scholl avesse successo. Nel
breve periodo di occupazione tedesca, ci saranno circa 4 000 deportati. A ciò
si giunse non soltanto grazie ai 1 589 combattenti ufficialmente riconosciuti,
ma anche per la resistenza civile e non violenta di tanti napoletani, fra cui
in primis le donne, operai/e, femminielli, preti, «scugnizzi» (10% circa degli
insorti), studenti e professori, medici e vigili del fuoco.
Delle "Quattro Giornate di Napoli" è
stata data anche un'interpretazione alternativa a quella corrente, che intende
sottolinearne la natura di «resistenza civile e popolare» e di concreto e
nobile esempio di «difesa sociale e non violenta» (essendo state utilizzate
largamente tecniche non violente come: la non-collaborazione, il boicottaggio,
il sabotaggio, il rifiuto della militarizzazione della vita civile e la
creazione di organismi paralleli), grazie alle quali un'intera città seppe
liberarsi da sola dell'occupante tedesco.
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