Questo è il
7° libro che leggo di Giorgio Faletti, e premetto che per ora non ho intenzione
di leggere il suo libro più famoso ovvero “io uccido”; perché?
Primo perché
ho la tendenza a seguire le mie voglie e miei tempi e non la pubblicità e la
massa;
Secondo
perché amo seguire i miei desideri e soprattutto i miei stati d’animo ed in primis la mia
tasca;
Terzo perché
praticamente lo conosco già: è stato nell’ ordine: Sputtanato, Spoilerato in
ogni minima sequenza, e non hanno scritto recensioni su di esso ma
semplicemente variazioni sul riassunto della trama.
Praticamente
mi è passata la voglia! A voi non capita?
Tornando a
noi, “io sono Dio” dovrebbe essere il 4° libro scritto dell’autore e partiamo
subito dalla cosa più evidente: è una storia, un thriller/giallo per
l’esattezza, narrato in prima persona nel capitolo iniziale, non è una cosa
rara ma neppure all’ ordine del giorno, per me è un punto a suo favore perché,
secondo me, è più difficile scrivere un romanzo di questo genere in prima persona,
sarebbe stato più piacevole, però, se l’autore avesse continuato così; ma non sto qui
a disquisire su questo punto!
Il resto
della narrazione, invece, diventa standard, s’abbandona la prima persona e
s’inizia anche con l’ andirivieni temporale tra i ricordi.
Il testo
supera abbondantemente le 500 pagine, di per sé non è un problema ma in questo
libro il problema esiste, e come! A me,
questo racconto, dà l’impressione di essere stato scritto o da tre persone
simili o in tre tempi diversi; perché?
La prima
parte, circa 200/250 pagine e più, sono di noia mortale, per poco non
abbandonavo il libro e lo utilizzavo, per la sua mole, come reggimensola. Amo
le super descrizioni, ma se non le sai esporre come Stephen king, A.E.Poe o E. Hemingway meglio levare mano. Faletti, se
pur bravo, veramente bravo, come dimostrato in altre opere, non è però di
questa levatura, per tanto ho trovato le sue lunghe e continue descrizioni
troppo pesanti, certo utili in seguito, ma se avessero avuto, come dire, un corrimano d’ accompagnamento alla storia
centrale, fin dal principio, tali super descrizioni, non sarebbero sembrate
troppo isolate e tediose. Troppe parole! Veramente eccessive!
Dalla 240°
pagina in poi, poco più e/o poco meno, il thriller/giallo diventa molto
interessante. Il ritmo diviene travolgente e la storia, finalmente, cattura.
Inizia la suspense! Questo è il classico momento in cui si comincia ad
apprezzare il talento dell’ autore e la bellezza del testo, ovvero quando si
entra in empatia con i personaggi, quando li s’incoraggia e si freme per loro. (Tifavo
per il cattivo, tanto è un libro! Da pagina 265:
<< Le guerre finiscono. L’odio dura per sempre.>>.). Per la mia
sensibilità se si muove qualcosa di bello da dentro lo stomaco del lettore significa
che il romanzo c’è. Non me ne vogliate, per me è anche una questione di pancia.
(Non a caso sono di corporatura cicciotta!).
Si arriva
alla deprimente e sconfortante ultima parte, gli ultimi due o tre capitoli per
intenderci, non desidero spoilerare il finale, ma a me provoca un fastidio
immenso non aver ricevuto nessun indizio o sentore d’indizio di chi fosse
realmente il “cattivo bombarolo”; anche se a metà libro due domande su che fine
avesse fatto il ….. e del perché proprio quel …. me le sono poste. A me piace
arrivarci da sola, magari sbagliare e restarci di stucco, ma il finale “a
sorpresa deludente buttata lì per fare uno scoop” non mi piace e non mi piacerà
mai. Sembra che dal thriller passiamo al fantasy? Anche no! Sarà perché io adoro i “come” ed i “perché”
più dei finali.
In questo
caso come mi risulta vera l’affermazione a pagina
33:<<La scienza trova sempre il modo per far diventare parte di una
statistica la distruzione di una persona in carne e ossa.>>. Lo capirete
leggendo il finale!
(È pur vero
che io sono quel tipo di persona che spesso non guarda i finali dei film, per
noia, o perché “mi basta così” magari perché ho trovato interessante la loro
evoluzione per tanto la conclusione diventa … “elementare, Watson” e questo mi
si riflette nei libri che leggo, quindi prendetemi con le molle.)
Oltre al
finale, in quella che io ho scelto di chiamare la terza parte del libro, esiste
una sotto parte alla terza, il dopo finale, il cosiddetto epilogo, in questo
caso quella dopo l’ ultimo capitolo, il 36°.
Avete
presente il rabbioso silenzio del lettore? Quello che provoca lo stringimento
delle labbra in un ghigno malefico e che produce uno sguardo assassino? Quel
classico momento che se non fosse per le serate dedicate alla lettura, per i
soldi spesi per il libro e per il rispetto della carta, infileresti tutto il
librone nel disintegra documenti? Ecco avete presente quella sensazione? Questo
è ciò che ho provato leggendo l’ultima parte, soprattutto il primo pezzo dell’
ultima parte, quello in cui la parola viene concessa alla sotto protagonista
Sundance. Ho ripreso fiato, e il mio volto è tornato alla quasi normalità, solo
quando a parlare è stato un altro sotto personaggio, ovvero l’unico signor Wade
(capirete leggendo perché unico).
Mi viene da
sorridere perché a questo punto della mia Recensione-Opinione mi sento di
riprendere un verso che ho sottolineato a pagina 159:<<
L’odio non è più un sentimento. Oramai sta diventando un virus. Quando arriva a
infettare l’animo, la mente si perde. E le difese delle persone sono sempre più
deboli.>>.
Arrivando
alla conclusione la storia funziona ma forse con dettagli più mirati e con meno
parole funzionerebbe di più. L.Ch.